Raffaello Sanzio
(1483-1520)

Note biografiche

1483 Nasce a Urbino il 6 aprile dal pittore e scrittore Giovanni Santi e da Magia di Giovanbattista Ciarla.
1491 Morte della madre. Secondo il Vasari, già prima di tale evento sarebbe divenuto allievo del Perugino che teneva bottega sia a Firenze che a Perugia.
1494 Morto il padre, beneficia delle rendite derivategli dal testamento del nonni materni. 
1503 Stipula con la badessa delle clarisse di Monteluce a Perugia un contratto (ripetuto nel 1505 e nel 1516) per un'Incoronazione della Vergine poi mai eseguita. L'iscrizione 1503 sarebbe comparsa sul l'altare di San Domenico a Città di Castello dove era posta la cosiddetta Crocifissione Mond.
1504 Data apposta sul Matrimonio della Vergine di Brera. Prima di quest'anno è forse a Firenze, Venezia e Roma dove potrebbe aver visto il tempietto di San Pietro in Montorio iniziato dal Bramante nel 1502. 
1507 Data apposta sul Trasporto di Cristo della galleria Borghese. 
1508 Data sulla Grande Madonna Cowper. Il 21 aprile scrive da Firenze allo zio Simone Ciarla dolendosi della morte di Guidubaldo da Montefeltro, duca di Urbino, e illustrando vari lavori in corso. Quest'anno lascia Firenze per Roma. 
1509 Il 4 ottobre papa Giulio II lo nomina «scriptor brevium apostolicorum» carica che era già stata di Leon Battista Alberti, idonea a persona di vasta cultura umanistica. Non si sa se Raffaello abbia mai esercitato in concreto l'incarico.
1510 Secondo il Vasari, è arbitro in una gara tra scultori per l'esecuzione di una copia in bronzo del Laocoonte
1512 La data si legge sotto la Messa di Bolsena nella stanza di Eliodoro. Forse in questo stesso anno progetta le cosiddette Stalle Chigi in via della Lungara, a Roma, abbattute all'inizio dell'Ottocento (ne resta solo il basamento). Progetta probabilmente la cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, sempre a Roma. Isabella d'Este scrive in quella stessa città al proprio agente per ottenere da Raffaello un ritratto di Federico Gonzaga.
1513 Il 7 luglio ottiene cinquanta ducati per il lavoro delle Stanze vaticane. Il primo novembre è affiancato a Bramante nei lavori della Fabbrica di San Pietro.
1514 Il primo marzo si iscrive alla confraternita del Corpus Domini di Urbino. Il primo aprile subentra a Bramante, morto l'11 marzo, nella Fabbrica di San Pietro. Del primo luglio è la lettera allo zio Simone Ciarla in cui comunica di aver cominciato un'altra delle Stanze e di aver ricevuto l'incarico di dirigere i lavori in San Pietro, ruolo nel quale è assistito da Fra Giocondo come coordinatore dei lavori.
1517 Il 10 gennaio contrae un prestito col banchiere Bernardo Bini Commissione da Alfonso I d'Este di un Trionfo di Bacco che, malgrado i solleciti, non concluderà. Il 19 luglio risultano terminati i lavori nelle Stanze, mentre gli allievi di Raffaello ricevono un pagamento forse per la sala dei Palafrenieri, oggi trasformata. Il 7 ottobre acquista il palazzo costruito da Bramante in via Alessandrina a Roma. 
1519 Nel febbraio Gerolamo da Bagnacavallo scrive al duca di Ferrara che Raffaello è occupato nella preparazione di una scenografia per una commedia dell'Ariosto (forse I suppositi). Riceve probabilmente quest'anno, insieme con Antonio da Sangallo il Giovane, la nomina di maestro delle strade. 
1520 Il 24 marzo compare come testimone in un atto notarile. Il 6 aprile muore dopo una breve malattia di poco più di una settimana. La carta di Roma antica, ignorata dal Vasari e citata da Baldassarre Castiglione nel sonetto laudativo per la morte di Raffaello, scomparve ben presto o non fu mai finita. Nel 1527 vengono pubblicate le Antiquitates Urbis di Andrea Fulvio, allievo di Pomponio Leto, in cui il grande umanista dice che Raffaello aveva dipinto, su sua indicazione, la Roma antica. Nello stesso anno, nell'opera Antiquae Urbis Romae cum regionibus Simulachrum (il lustrato) del dotto Fabio Calvo, amico del cardinale Giulio de' Medici (che sarà eletto papa di lì a poco, nel 1523, col nome di Clemente VII), non si fa cenno del lavoro di Raffaello. 

Alcune Opere dell'artista


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San Sebastiano (1501-02)
Olio su tavola
Bergamo, Accademia Carrara
Il quadro è datato 1501-02 da Gamba Ortolani e Longhi; lievemente dopo da Monti (1503) e Pittaluga (1504).La datazione più' antica sembra essere la più' convincente, per l'ancor timida variazione di motivi del Perugino. Il dipinto appartenne successivamente alla raccolta Zurla di Crema, all'incisore Giuseppe Longhi e, dal 1836, al Conte Guglielmo Lochis, che lo dono all'Accademia Carrara (BG).
Madonna del Granduca (1504)
Olio su tavola, Firenze, Pitti
Si tratta di una delle prime e più' semplici variazioni fiorentine sul tema della Madonna col Bambino, in un impianto però ormai perfettamente bilanciato: alla lieve rotazione del corpo della Vergine corrisponde, in senso contrario, quella del Bambino. L'ascendente leonardesco è presente nel delicato dilatarsi dei piani di luce dell'ombra avvolgente
Madonna e il Bambino leggenti (1504), Olio su tela
Leningrado, Ermitage
Il Longhi ha giustamente precisato che si tratta di opera dell' inizio del periodo fiorentino (ultimi mesi del 1504). Alla fine dell'800 in occasione del trasporto su tela si scoprì che in origine, come nel cartone di Berlino, il Bambino giocava con la melagrana, retta dalla Madonna, invece del libro. L'Ortolano ha messo in particolare risalto la bellezza dell'inconsueto paesaggio coi monti ricoperti di neve, determinato nella stagione e nell'ora. 
Un Angelo 
(1500-1501), Olio su tavola
Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
Proveniente dalla collezione Tosiodi Brescia, attribuito inizialmente a Timoteo Viti, dopo una pulitura eseguita dal Cavenaghi fu riconosciuta come opera di Raffaello e parte della pala del beato Nicola (uno degli angeli a destra) suscitando pareri pressoché unanimi.
Ritratto di giovane donna (1505)
Olio su tavola
Roma, Galleria Borghese
Il restauro del 1935, seguito a un esame radiografico del quadro mise in evidenza il liocorno , simbolo della castità, in grembo alla figura, e un più' vasto paesaggio alle spalle. Le ridipinture si sono rese necessarie in seguito ai danni subiti anticamente dall'opera, soprattutto nello sfondo e nel liocorno. L'Ortolani, ponendo il quadro in relazione con un disegno del Louvre, propose di identificare la giovinetta con la "vera" Maddalena Doni;l'ipotesi non è stata accettata in quanto le dimensioni del la tavola e l'impostazione sono troppo dissimili da quelle del ritratto di Agnolo Doni.
Madonna della seggiola 
(1514) Olio su tavola, 
Firenze, Pitti
Appartenne ai Medici fin dalla prima metà del '500; dapprima agli Uffizi, passò nella sede odierna all'inizio del '700;fu' a Parigi con le prede napoleoniche dal 1799 al 1815.Controversa la datazione, che probabilmente va riferita al 1514, dopo il compimento degli affreschi della seconda stanza vaticana.Il dipinto è stato definito dallo scrittore americano Nathaniel Hawthorne "il più' bel quadro del mondo". 

 

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