Come per incantamento

di Eduardo Caianiello


- …sono ansioso…
- che succede?
- niente…lo sai…ogni tanto…qui nel petto…qui…da un punto di irradiazione nel corpo…un senso di paura…
- Dài siediti…calmati…di quella pratica me ne occupero’ io…shhh… pensa che passa…passa…
- … ma…lo sai com’è…dopo passa, durante…è impossibile pensarlo. L’ansia è li’…sai che c’è già stata stata, e che è passata, ma sono pensieri volatili, che trascorrono su questa sua presenza che non sa il passato, quando non c’era, e non ha futuro…quando non ci sarà…
- shhh… vuoi che ne parliamo?
- e di che? dei miei problemi…già li sai… e poi…aumenterebbe…
- no…vuoi che ne parliamo io e te, come sempre amico mio…potremmo ragionarne insieme, io e te sopra un vasello trasportati…come per incantamento…
- mh! mi sai far sorridere… 
- hai detto che l’ansia non “passa”.
- certo…non passa: puo’ solo esser passata. è bruttissima per questo: perchè la febbre, per esempio…o il mal di testa…quelli ci sono, e tu stai e puoi dirti: passerà. ti accucci a letto, e aspetti. e aspettare fa bene perchè fa scorrere il tempo. l’ansia non è cosi’: l’ansia è un’attesa che collassa il tempo dentro se stessa. aspetti qualcosa che non c’è, e quell’attesa blocca e coaugula il fluire del tempo in un presente immemore, e privo di remissione e di speranza che possa esso stesso trappassare nell’attimo futuro.
- shhh…buono…non cosi’ amico mio…cosi’ svegli ancora di più l’insonnia di quel presente assoluto…dobbiamo usare la ragione… per dire il sentimento…per farli riappacificare…per far scorrere il tempo…dimmi: l’ansia certamente “accade”
- certo che accade: sopravviene!
- bene: dunque in effetti, ci sarà un t1 d’inizio di qualcosa, che in t0 non c’era…e che non ci sarà in ti. Se mettiamo il segmento “ansia”  t1-t2 nella linea del tempo, cosi’ come possiamo trovare un oggetto nello spazio, delimitato in se stesso, e distinto dal resto dell’ambiente, questa comune finitezza dei due oggetti, che esistono solo entro un insieme più grande, ce ne rappresenta chiaramente l’intima caducità e non-necessità. L’ansia, poteva non esserci, in quel segmento, cosi’ come l’oggetto poteva non esser nella stanza… eppure…eppure essa dichiara il contrario. Non c’è linea intorno, non c’è spazio che la accolga. E’ la retta infnita…lo spazio esteso e omogeneo a perdizione…L’ansia non è che un fatto, un “stato” dell’anima…ma…
- …ma?…
- ma facci caso: le parole ora mentono: “fatto” è già un participio, è già un passato, come cio’ che appunto è “stato”. Ma non è vero: in uno “stato” l’anima appunto “sta”…è nella quiete essenziale di una condizione, quale che sia…su uno stato dell’anima si staglia il resto, lo “stato” è la condizione cui seguono certe cose: pensieri sensazioni…vedi? “seguono”…noi intuitivamente pensiamo una compresenza tra quello “stato” – per esempio, non so, la tristezza, e le cose che “ne seguono”: sensazioni, ricordi. Ma c’è quel senso di “passato” nello “stato” in cui si trova un anima, rispetto a cui quei pensieri…sono come il suo futuro, il suo divenire ed estendersi a partire da quella condizione… L’ansia invece mai passerà per l’anima dell’ansioso: l’ansia  è cio’ che non puo’ che essere presente: un presente che non sarà mai passato, e che mai è stato un futuro : il t0 in cui era da venire è una pura astrazione della mente. 
- è cosi’…e dio quanto è duro e doloroso e fa venire il sudore freddo, questo presente senza remissione…
- bene…ora… si tratta di vedere quali sono le caratteristiche di questo assoluto presente. Consideriamo certe caratteristiche degli oggetti: essi sono collocati in uno spazio più grande…
- sì…
- sono coglibili come totalità conchiuse da un occhio esterno
- sì…
- sono inerti
- che significa? potrebbero muoversi…
- ma restano inerti: la loro compiutezza geometrico-spaziale, ne fa delle totalità già date: essi sono estesi: nel loro essere se stessi, risultano da una estensione già avvenuta: cosi’ come ce li troviamo di fronte agli occhi, essi non sono che gli eredi di un lascito che gli è pervenuto nonostante loro. Quel portacenere puo’ essere mosso, avere un motore…ma si trova per cosi’ dire passivamente e senza merito…inerzialmente ad essere l’oggetto che è…Anche “esteso” è un passato, dal quale inerzialmente provengono. La figura compiuta di quel portacenere è estesa, perché il portacenere sia tale: e perchè resti tale, occorre all’oggetto, allora un passato che non sarà mai presente…
- ma che signfica: cosa sarebbe un portecenere “presente”, se la sua identità estesa, come tu dici, è di “essere già stato esteso”, perchè allora non poremmo dire che la sua è, ora un’estensione presente?
- Bada che tu stai chiedendo se non si puo’ dare un corpo esteso nel momento presente: fai confusione. E’ chiaro che si’: ma qui la domanda è più radicale: noi abbiamo individuato un passato puro: quello immanente all’oggetto che inerte ti sta davanti, e che consegna alla tua mobile coscienza, l’immobilità del già avvenuto (il suo esser diventato esteso). Il presente non costituisce l’identità di quell’oggetto, ma solo il suo modo di presentarsi al tuo sguardo. 
- Pensa ora alla tua ansia – come va?…
- …un po’ meglio…
- Bene, pensa all’ansia e chiediti se si presenta come quell’oggetto: se consegna alla tua mobile coscienza, l’inerzia già avvenuta di un oggetto…
- No…è il contrario…la mia ansia è lei il luogo a cui si presentano gli oggetti…perdendo di fronte alla maestà sua, ogni sostanza, ed ogni consistenza…
- …ovunque metti un limite alla tua ansia…
- l’ansia lo supera…lo trapassa, lo sovrasta …si autoafferma come il presente assoluto in questo suo estendersi su tutto…
- ecco…hai visto…l’oggetto è esteso…l’ansia si estende. L’oggetto è passivo e passato, l’ansia è attiva e presente. Fa, agisce, è atto e in atto. 
- Con delle metafore fisiche si direbbe che l’uno è materia, e l’altra è e energia…
- Fino a un certo punto…
- che vuoi dire?
- che l’energia come noi la intendiamo è potenzialità “capacità di produrre lavoro”…mentre tu tutto hai fatto, nella tua ansia, fuorchè lavorare!
- sei sempre carino
- Insomma: l’ansia si estende, è vero, ma si estende su tutto. Quando tu pensi ad uno sviluppo e ad una attuazione di energia, pensi che essa avviene all’interno di qualcosa. Come noi due che spendiamo le nostre energie a lavorare in questo ufficio…
- uh uh…
- …invece l’ansia – “energia pura” – nell’estendersi su tutto in realtà blocca ogni movimento. Nega agli oggetti “nella quale” li accogliamo, la loro autonoma capacità di dispiegamento e di sviluppo…Negando il lorro passato – l’eredità che essi portano alla coscienza del loro essere (degli) stati estesi – nega loro ogni futuro. In realtà questo “estendersi su tutto” è un agire falso, e si esprime solo come forza di resistenza assoluta. L’ansia – si direbbe – nel volere estendersi sulla totalità degli atti e dei pensieri, in questa sua ansia d’arrivare, è quanto di più inerte si possa immaginare. Sta li’ ferma e bloccata a bloccare la vita. Bisogna stare attenti alle metafore – quali che siano – : l’energia  in fisica ha sempre una quantità definita: ha sempre una disponibiltà finita di movimento, di produrre lavoro. L’energia in fisica, insomma ha sempre in se stessa quel passato “esteso”  – quanto c’è nel serbatoio – che la rende simile all’oggetto inerte come il portacenere : anche lei proviene da ciò che già è, e questo stabilisce dei limiti al suo futuro:le dà un futuro. E invece l’ansia “si estende su tutto” perchè vuole essere già là. E nel farlo, l’unico modo che trova è di far rimanere tutto fermo e farlo collassare in se stessa. E’ una patacca, l’ansia, un soldo di latta. 
- e allora?
- E allora come va? 
- Cosa?
- Come cosa! l’ansia!
- Ah…no no…va meglio… me io chiedevo: come va afinire questa storia dell’ansia che è una patacca?
- Bè va a finire, a quel che sembra, che ti svanisce tra le mani, come sta succedendo…
- Sì sì…ma io dicevo sul serio…
- Anche io
- No: adesso è un fatto che mi sono calmato…ti chiedevo della teoria eccetera.
- Ci risiamo col fatto: ti pare poco? Abbiamo “fatto passare” l’ansia…
- Siii.. e ti ringrazio…ma perchè si parlava, si dialogava… e così è passata…
- Ma è passata parlando di ansia in un modo particolare… abbiamo parlato filosoficamente dell’ansia. Non abbiamo mica fatto psicoterapia: non mi hai mica parlato della tua infanzia…
- Vuoi dire che secondo te c’è un nesso essenziale tra quello che abbiamo fatto – come l’abbiamo fatto – e la scomparsa dell’ansia? (dio che fatica…mi fanno male i reni)…
- Sì
- E quale sarebbe?
- Guardati indietro
- Dove?
- Tutta la tua vita saltando tutto tranne l’ultima mezz’ora.
- Ah…le cose che abbiamo detto. Devo rifarmele tutte?
- No. Guardale da un poco più lontano. Abbiamo pensato. E pensando abbiamo fatto passare mezz’ora. E in questa mezz’ora è avvenuta la dissoluzione di un oggetto enorme inerte e pervasivo. Presente a se stesso e a tutto. Abbagliante e cattivo. Abbiamo fatto passare mezz’ora dentro l’ansia. Ci siamo infilati in uno spiraglio di quell’immensità ottusa, e ci abbiamo viaggiato dentro come spettatori. Il nostro pensiero aveva un oggetto. Il tuo pensiero ha guadagnato un oggetto, l’ansia, e si è scordato di se stesso: hai smesso di pensare alla tua ansia pensando l’ansia. Nel primo movimento hai pensato l’ansia come un oggetto nello spazio del tuo pensiero, creato – nel suo essere un oggetto e non l’assoluto totale Oggetto - dal procedere del tuo pensiero. Hai smesso di essere pensato dall’ansia. E andando più adagio hai scoperto che in realtà avevi ricominciato a muoverti. 
- No: quello – l’adagio – era il secondo movimento: il primo era un presto agitato!
- Sì sì mon cher…ma è così come dici, sai: qui c’è lo zampino della musica… Abbiamo innanzitutto acquisito un ritmo, un’andatura. Guardarla da un po’ più distante vuol dire questo: che il momento in cui abbiamo cominciato a pensare dialogando dell’ansia, è lo stesso in cui il ritmo è cambiato, o, meglio, è comparso: prima c’era solo caos e frastuono. Comparso quel ritmo, l’ansia era come per magia diventata un oggetto: lo spettacolo osservato da noi due sul nostro bel vascello…
- Sì…ma qualcosa viene prima! E cosa? Tu dici: abbiamo cominciato a pensare e il ritmo è comparso, e l’ansia è diventata un oggetto…
- …cioè l’ansia è ridiventata un segmento t1-t2 nella linea del tempo (come prima abbiamo detto che è la natura del singolo oggetto…)
- che vuoi dire?
- che noi abbiamo trapassato l’ansia – pensandola, prendendone le distanze, cambiando ritmo – col tempo: c’è da aggiungere (a quegli “e”)  “e è sopraggiunto il tempo”. La tua vita ha ricominciato fluire e a te ti fanno male i ren come fossero stati bloccati. Hai i reni indolenziti dall’immobilità atemporale dell’ansia. Ora che va meglio senti un dolore vero. Prima era finto.
- finto un corno! E comunque devi finire: cosa viene prima?
- Prima di che?
- Cosa viene prima tra tutti quegli e.
- Mi stai chiedenddo cosa, per esempio viene prima del tempo? Mah…immagino il Padre Eterno o qualcosa di simile…
- Ironia idiota: che fanno? vengono tutti insieme: a un certo punto io penso-temporalizzo-ritmo-pensoun oggetto tutto insieme e senza spiegazione.
- Perchè senza spiegazione: che vuoi spiegare? Cosa viene prima? Ti basta guardare: noi due seduti con te che ti contorci e io che cerco di aiutarti…
- Sì d’accordo, ma questo che nesso logico ha col fatto che poi si sia potuto pensare l’ansia, far entrare il tempo eccetera?
- Ero calmo.
- E allora? 
- E allora non ero ansioso: e da lì fuori, da quel posto impossibile in cui “gli altri” non sono ansiosi, ti ho invitato a salire sul nostro vascello di amici rubastipendio. Ho parlato, con calma, di te, a te. E ti ho offerto il dono del mio pensiero: come tu fai con me se sono ansioso io.
- Io non sono bravo come te…
-  Ma qui la questione non è la tecnica del pensare. Qui parliamo della voce del pensiero e della riflessione: del suo tono e di quello che ti puo’ dare e dire. Io ti ho invitato a pensare. Ti ho invitato a un viaggio in un vascello io e te per pensare e ragionare. Tu questo hai innanzitutto sentito. Questo viene prima. L’amico che con calma ti invita a pensare.
- Sì ma tu non mi hai invitato a bere una camomilla. Mi hai invitato a pensare. Non è lo stesso.
- No, non lo è: perchè per la camomilla puoi bertela da solo. Mentre a pensare si può solo essere invitati.
- Ma che vuol dire…
- Vuol dire che per pensare occorre innanzitutto la distanza dall’oggetto che si pensa. La tecnica viene dopo. Puoi pensare con tecnica, ma in realtà essere pensato dal tuo oggetto. Star lì a farti quattromila ragionamenti sopraffini senza muoverti di un’attimo dall’ansia, anzi accrescendola, facendo il suo gioco. L’ansia non ti invita a pensare: ti ci incatena. Io ti ho invitato. L’ amico ti invita.
- Ma l’invito non è il pensiero.
- No, non è esattamente la stessa cosa…ma se chi ti vuol far pensare l’ansia – e cioè l’oggetto più difficilmente pensabile che esista quando esiste - non ti invita con amicizia a viaggiare con lui nella riflessione, come in un gioco, come in una favola…bè…non ne uscirà un pensiero che sia uno…
- Mi stai dicendo…
- …
- Mi stai dicendo…
- Cosa?
- Che tu hai invitato il tempo ed il pensiero a scorrere nella mia ansia…che ci siamo fatti un giro al ritmo della riflessione dentro il mio universo oscuro, partendo dalla nostra amicizia.
- Sì.
- E chi ci dice che le cose stanno così?
- Nessuno: se ne sono andati tutti. Siamo rimasti soli.
- Io e te?
- mm..
- E poi, che succede?
- Succede che tua moglie ti aspetta. E le mogli sono ansiose, soprattutto a Natale.
- Sarà meglio andare.
- Già.


 
 

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Data di pubblicazione 5/1/2000
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