Raccolta poesie di:

Vera Cavallaro


Indice della raccolta:


Sorgi anima stanca. A Randolf. M'infrango nei tuoi occhi.
Mi bagnerò di silenziosa pioggia. Hai parlato alla mia anima Storia di un uomo (dedicato a F.Battiato).
Strano fiore. Cullami poeta. Non chiamatemi donna.
Hai chiamato il mio nome. A Raniero. Al margine del fluire della mia esistenza.

 
 

Sorgi anima stanca.

Sorgi anima stanca
l’aridità del nulla
si stenderà nei meandri
degli interni tuoi segreti
se non spiegherai le ali
negli spazi della libertà.



A Randolf.

Come fresca rugiada ti bacerei le ciglia
e ti porterei là dove il vento può lambire 
 i tuoi  biondi capelli
e ti respirerei all’alba di ogni mattino
mentre silenziosa tramonta la bianca luna
e quando si dissolvono dal tuo viso 
le amare ombre della notte
in punta di piedi entrerei nei tuoi sogni
per regalarti un’altalena o un fiore 
e come gabbiano sulle onde del mare
sfiorerei il profilo della tua anima
e coprirei di stelle e gelsomini
i tuoi  tristi cieli e le tue aride  spiagge 
per poi danzare con te nel profumo d’estate.
Ma ho paura di graffiarti quando
ti vedo scivolar via dalle mie dita
come acqua  ribelle di un fiume
che scorre libera verso il mare. 



M'infrango nei tuoi occhi.

M’infrango nei tuoi occhi pieni d’immenso
naufrago nelle aree azzurre dei tuoi sguardi
m’immergo nei tuoi sogni grondanti di stelle
e non sorprenderti uomo…
il cielo sarà troppo alto per i miei voli
nella solitudine troverò la mia dimora.



Mi bagnerò di silenziosa pioggia.

Mi bagnerò di silenziosa pioggia,
mi scalderò sotto il sole antico,
scivolerò tra madraperlacee rugiade
camminerò su mari cosparsi di viole
mi spingerò tra vergini rocce,
mi fermerò solo quando
una meteorite infrangerà i miei sogni. 



Hai parlato alla mia anima.

Hai parlato alla mia anima profondamente,
hai spinto dentro di me una forza sconosciuta,
hai creduto negli angeli che dormono nelle caverne,
hai trovato una parte del mondo
nell’isola della mia esistenza,
hai dormito serenamente negli spazi del mio dolore,
hai assaporato inconsciamente
le sensazioni della mia vita.



Storia di un uomo (dedicato a F.Battiato).
Uomo nutrito nelle calde nebbie degli autunni etnei,
tra i fertili giardini e le brezze marine di albe estive,
ti sollevasti leggero come un miraggio  a lungo atteso,
avvolto da tele ricamate da mani saggie ed antiche
bagnate dalle lacrime di commosso stupore di una madre.
Uomo  errante tra le afose strade dai contorni lavici, 
tra festosi cespugli di ginestra e bizzarri profili di pietra 
all'ombra maestosa di un vulcano, fiero della sua età.
Hai raccolto a lungo i profumi atavici di una terra
 che ti ha atteso nell'inevitabile ciclo della vita.
Hai portato con te il ricordo intenso del profumo
di petali di rosa , del glicine e  dei fiori di gelsomino,
lanciati dai balconi sulle processioni dei riti a te familiari,
per poi spanderlo nelle alcove di languide odalische 
e confonderlo con le fragranze di unguenti afrodisiaci. 
Ti sei addormentato cullato da nenie arabe
sotto i veli di bianche zanzariere
e ti sei svegliato al suono ammaliante di lingue indecifrabili.
Ti sei ritrovato tra mille sguardi  stranieri lungo le strade d'oriente,
accompagnato dalle leggende gravide di sultani e d'amore.
La sabbia del deserto ha raccolto  l'ombra curva e stanca del tuo corpo
per regalarla al tramonto acceso tra  dorate ed ondulate dune.
Ti hanno accolto mansueti e umili  genti , saggi della loro storia,
tessendo per te le vesti, che ancora indossi, anche se logore,
guidandoti per i sentieri senza insegne e senza luce 
lungo gli itinerari percorsi dalle orme dei cammelli
e lungo il corso tracciato da costellazioni celesti.
Hai conosciuto la pazienza ascoltando il suono della notte
e la musica del vento che precede le carovane di beduini.
Hai trovato il silenzio nell'incanto di stellate notti orientali 
che ti ha svelato il segreto del cosmo oscurato dal caos occidentale.
Con stupore hai udito come lontanissimi i suoni delle metropoli 
gremite di uomini in cravatta imprigionati dai sogni di carriera
e hai guardato con compassione il  loro inutile affanno. 
Hai cercato le tue radici, seduto sotto un albero a meditare,
a piedi nudi per sentire la linfa vitale della terra,
mentre rivolgevi gli occhi al cielo per poter volare.
Hai cercato tra  le epiche leggende dei tuoi avi
quel senso incomprensibile di te e della tua storia
che ancora scruti negli indecifrabili frammenti onirici.
Hai guardato il mare gravido di promesse di viaggi
tra gli archi moreschi  e le finestre di case bianche
ed il tuo sguardo si è perso  tra l'aria rarefatta del giorno
alla ricerca dei vascelli all'orizzonte dispersi  dalle maree.
Hai scrutato il cielo sorvolando sulle abbaglianti terrazze
mentre l'aria del mattino come una carezza leggera ti inebriava.
Hai vagato per i caffè tra sguardi indagatori che interrogavano
i tuoi occhi per trovare un tuo assenso alla cerimonia del tè 
con gesti eleganti come danze ed il fumo del narghilè. 



Strano fiore.

Strano fiore incontrato una magica sera d’aprile 
in un prato senza storia e sotto un cielo senza tempo,
vorrei coprirti di perle di rugiada 
quando la notte ti nega la luna
e di arcobaleni colorati nei tuoi giorni senza sole.
Come dolce linfa vorrei scorrere lungo il tuo stelo
per assaporare l’acre profumo del tuo corpo.
Come brezza leggera vorrei sfiorare le tue labbra
per assaporare la dolcezza del tuo nettare.
Come pioggia di primavera vorrei scivolare
silente sul tuo candido profilo
per attraversare il tempo tra i tuoi risvegli
ogni volta che si schiude al sole la tua corolla.



Cullami poeta.
Sforzati gli occhi amanti 
chiusi gli atri di recezione
dolcezza intrisa di false chiarezze
incerti messaggi tra sguardi ambigui
corazze di ciglia serrate su stanche pupille 
sorrisi ancorati a vuoti sprazzi di vita
candela smorzata il tuo viso opaco
voce invadente nel silenzio dell’angoscia
labbra soffocate da baci impotenti
sussurri di gelo tra le mie fantasie
incontri nel buio le nostre membra
furti di lembi di anima le nostre notti
sogni nebbiosi di conflitti sotterrati
incubi cadenti nelle cellule cerebrali
maestose costruzioni fantastiche
in cerca di volontari demolitori
aborti clandestini i miei pianti nascosti
prigionieri nel velo i miei segreti
cadaveri galoppanti le mie depressioni
angeli in harem gli incontri delle mie speranze
cantilene smarrite le miei vecchie poesie
… e ancora tutto … e ancora niente.
Pienezza di vita, pienezza di morte.
Vuoto interno, vuoto esterno, vuoto intorno,
scale sempre fatte forse zoppicando.
E tu che osservi poeta dentro di me,
poeta intransigente e stanco,
stanco di guardare le stelle, la luna, venere.
Il cosmo è lì fuori di te, 
di te che vaghi avvinghiato a stalattiti di ghiaccio
e a cristalli di morte.
Cullami poeta amico, culla la mia amarezza,
cullala ancora per farla dormire. 



Non chiamatemi donna.

Non chiamatemi donna
giudici severi che nascondete nel potere
il falso delle vostre sentenze.
Non chiamatemi donna
vili moralisti che nutrite di violenza
i sogni delle notti senza vittime.
Non chiamatemi donna
dotti oratori che usate le vostre dottrine
per coprire di muffa ogni alito di vita.
Non chiamatemi donna
despoti in poltrona che cercate i consensi
con dignitosi ricatti e dolci imperativi.
Non chiamatemi donna
filosofi sapienti che inneggiate alla libertà
e sottilmente bruciate ogni sua espressione.
Non chiamatemi donna.



Hai chiamato il mio nome.

Hai chiamato il mio nome 
in un giorno di vita.
La morte ti ha abbandonato
per farti assaporare la luce.
Hai gridato aiuto lungamente
e la tua voce muta e oscura
ha cercato la speranza
in un cuore fermo e remoto.
Ti ha ascoltato la tua ombra
lanciando nel buio della notte
immagini di stelle e di colori.
Ti hanno capito i morti
amici della tua anima triste
che aspettava di svegliarsi 
nel sole di un’alba nuova.
Una mano ti ha strappato
dalla morsa crudele della fine.
Hai chiamato il mio nome
in un giorno di festa.
La morte ti ha conosciuto
per farti comprendere la vita.
Hai gridato l’ossessione del tuo corpo
a fantasmi di ghiaccio
e le tue labbra ferme e amare
hanno baciato l’infinito.
Ti hanno ascoltato i tuoi pensieri
lanciando nella tua anima
frammenti di speranza e di vita.



A Raniero.

Inaridirsi… perché?
Forse domani ha un senso ed oggi?
Se sia rugiada od umore triste non serve saperlo
se nell’aria non s’odono più i rumori del risveglio
né si scorge il sole, strano personaggio 
che non invecchia mai
e che mi sveglia dai torpori della notte.
Urlare non serve, né piangere.
Forse che la forza del desiderio o del dolore
sia così potente da sconvolgere
quello strano intreccio di cellule emotive?
La magia è l’unica amica che mi accompagna
in questo disperato appello ad un amore
che ode solo il suo respiro
in questa notte senza luna.
Dell’illusione di potenza che Bacco mi porge
rimane un desiderio che amplifica lo spazio vitale
ma restringe la mente.
Invano cerco la strada che mi porta a te,
so che esiste, amore mio,
ma barriere di nebbia la offuscano.
Ascoltami, se vuoi, angelo della notte,
porta a lui la mia magia
e non svegliarlo se la magia non serve
ma bacialo sulle ciglia ed accarezza i suoi sogni.



Al margine del fluire della mia esistenza.
Al margine del fluire della mia esistenza langue il mio cuore
e tra sottili pieghe della mia mente
si snodano memorie come fili di intricate trecce.

E vecchi ricordi danzano lungo i sentieri 
già percorsi del pentagramma della vita
come armoniche note di una melodia.

E la mente vaga tra frammenti di pensieri
immersa in un intenso bagno di luce viola 
che il cielo riassume in questo freddo tramonto.

Lo sguardo percorre le ombre dei profili netti
di questi monti amici di nebbie e nuvole 
sorvolandone le vette in cerca di cielo e mare.

Transitano in questo scenario sagome ed ombre
di presenze sfocate su desideri sublimati
avviluppati nel vortice di un giostra impazzita.

Esistenze clandestine appese tra l'effimero ed il fugace
riaffiorano sparse in uno spazio senza tempo
e albergano nel silenzio come lontani echi.

Ed io sola a rincorrere nuove lune
vago nell'immenso oceano dei miei sogni
tra le onde anomale dell'impossibile.

Unica culla per questa strana inquetudine
è la fragranza inebriante del ginepro arso nei camini
che il vento trascina via dai tetti coperti di muschio.

L'atmosfera magica di questa sera invernale
mi avvince in un dolce rapimento 
mentre umida s'innalza  la nebbia rarefatta 
e nel suo silenzio si placa il fragore della mia anima.



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Data di pubblicazione 12/6/2000 - Ultimo aggiornamento 21/3/2001
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