Raccolta poesie di:

Alex BràBiografia


 
 
Esercizi di sopravvivenza. Cuoco apprendista. Parole.
Alghe morte. Panorama dell'aquilone. Il ramo di pietra.
Autostop. Dal vangelo degli anonimi. Rifiniture.

 
 
 

Esercizi di sopravvivenza.

E pensare
che andavo in palestra
tutti i giorni
bevevo spremute d'arancia
per avere un corpo
sempre in forma perfetta.

Ho tritato chili di muscoli
per passare una notte
tra le tue braccia
ora sono ridotto una larva
alla deriva
come il misero relitto
di una vecchia barca.




Cuoco apprendista.

Le ore migliori le passo seduto
a sbucciare parole
per il misero pasto quotidiano.

Un modo come un altro
per starsene alla larga
dalla noia putrefatta
per evitare le giravolte
dell'anguilla
che guizza sotto il tavolo.

Si entra nel verme
o si esce dal torso di mela
tutto dipende
dai sussulti del cuore
dalle idee e dai ricordi
depositati nella mente.

Come quando in soffitta
alla ricerca
d'arsenali guerreschi
ci si nutre controvoglia
di polvere e fantasmi.




Parole.

Le parole non dicono nulla
che possa valere di più
dell'osceno silenzio
che ogni giorno
ci abbraccia e ci sconvolge.

Quando parlo sento rumori
strani di gola
assetata pietra inerte
immune allo scalpello.

Le parole non dicono nulla
che possa raggiungere
o tornare indietro.
Quando ascolto dico a me stesso
qualcosa di più, forse traduco.

Le parole, in ultima analisi
stordiscono e basta
fanno pensare ad altre parole
alla marcia forzata
e in divisa di voci
eternamente
uguali.




Alghe morte.
Libero dai lacci
delle alghe morte
torna in superficie
il sofferto ricordo
delle ustioni estive.

Aggrappati al tormento
i baci, le mani
che tu non vorrai
portarti dietro.

In punta di piedi affondi
nel denso
insostenibile lamento.

Abbi cura di te
della tua pelle
liscia e abbronzata
fuggi, non dare ascolto
a chi resta
steso sulla sabbia
o a sguazzare
nell'acqua inquinata.




Panorama dell'aquilone.
Schiocchi di lingua, di frusta
impreziosiscono la pelle.
Forse per questo
l'idea d'una vita gioiosa
fugge di casa.

Riappare in curva
sull'erto sentiero
evita il traffico
impazzito delle otto
per sbaglio imbocca
una galleria
buia e profonda.

Parla dall'alto
si gratta il mento
strizza disinvolta
l'occhio sinistro.

Quanti nasi rivolti all'insù
in cerca del filo
invisibile dell'aquilone.




Il ramo di pietra.
Il corvo ci ride addosso
standosene appollaiato
sul più alto
ramo di pietra.
Ferisce il centro
dei nervi
tirati fino a spezzarsi
in colonna di fumo
in barchetta di carta
che solca l'oceano.

Nel buio della grotta
ritrovarsi con le rughe
scollate fino ai piedi
trascinarsi fuori
all'aperto
arrampicarsi sull'albero
scavare in profondità
la corteccia millenaria
che avvolge
la linfa del mondo.




Autostop.
Telefono dal solito bar vicino al cimitero
non riesco a parlare per via degli azzurri
blindati che mettono in fuga
gli studenti e ridanno
alla piazza l'aspetto consueto.

Dalla periferia al centro
con gli occhi semichiusi
straziati dalla luce artificiale
dagli scempi, dagli abbagli.
Le scarpe sempre più strette
e le speranze accoppate
dall'indifferenza,
dalle consuetudini sociali.

Divorati prima dell'uso
brandelli di libertà
pagati a caro prezzo
indossati sottopelle
giusto per andare avanti
per non nutrirsi
solo di scarti
per confondersi con l'erba
i palazzi, l'asfalto
che ad agosto ribolle sotto i piedi.




Dal vangelo degli anonimi.
Che modi
che cattive maniere!
tirare fuori da un grembo
sterile
un bambino, un figlio!

Crescerà in silenzio, in disparte
dopo il lavoro tracannerà vino
leggerà dal libro non scritto
adoperato ogni giorno.

Che modi
che belle maniere!
parlare con un filo di voce
al cane che dorme
sotto la torre
fuma la pipa
non morde
seduto sul muretto grigio
in silenzio,
quasi in disparte.

Per ore, per sempre.




Rifiniture.

E chi pensavi che fossi?
forse già avevi
l'acquolina in bocca
ti leccavi le dita e i baffi.

Spugna impregnata di sangue
nel frattempo l'ala recisa
cade nel vuoto
delle emozioni.

E lavoravi sodo
per farti amare
per fare in modo
che qualcuno notasse
l'orgogliosa miseria
il segreto squallore
della tua esistenza.

Non spaventarti amico
giuro che presto
mi sottoporrò
ad altri mille interventi
di chirurgia plastica
mentale, affettiva.



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Data di pubblicazione 18/4/2000 - Ultimo aggiornamento 7/5/2000
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