Raccolta poesie di:

Davide Moretti


Indice della raccolta:


Come l'efriti nella bottiglia. Vento e foglia, foglie e venti. La forza del capitano.


Come l'efriti nella bottiglia.

          Io sono stato la pioggia,
          ma è successo molto tempo fa,
          quando scoprii
          che le stelle si annullavano in un vortice scuro,
          dove non avevo speranza di raccoglierle.
Neppure con gli incantesimi segreti che in quei giorni
mi venivano insegnati.

Allora, sono stato la pioggia,
uscendo per strade fatte di nebbia
buffa, dolce, tragedia scossa dalle tempeste.
C’era ancora qualcosa che dovevo capire,
come adesso, comunque.

Spiavo il cambiamento nascere dal silenzio
e credevo di aver scoperto una musica
che non poteva essere udita se non con sforzo supremo,
di dedizione e dolcezza.

E allora fui il Silenzio, poiché era giusto,
inevitabile...
Ma è stato molto tempo fa.
Volevo tacere per ascoltare, poiché così soltanto
avrei conosciuto quella musica presso il fiume,
dove le barche correvano, inseguendo i secoli dei tempi.
In cui le verità furono forgiate in parole scritte
su carta pergamena.

Io sono stato l’acqua, come acqua fresca e limpida,
o torbida e avvelenata, secondo il senso e il principio
che guidava le mie azioni.
I giorni allora come acqua, scorrevano
via da me, neppure tentavo di inseguirli,
e poi,
perchè avrei dovuto, ovunque andassero
ero lì con loro

Ma questo succedeva, quando succedeva,
secondo un prestabilito perché, un condiviso destino,
una soluzione nascosta, come l’incognita
di un immenso calcolo.
Affinché io potessi gioire nello scoprirla o intorbidirmi
d’angoscia nel non comprenderla,
poiché la sfida determina la natura delle nostre scelte.

E scegliere, scegliere e cambiare è dunque la sfida.
Puoi toccare la sfida, toccarla per conservarla
e migliorarla, perché duri per sempre, e sollevarla in alto.
Essere la sfida e diventare il cambiamento,
affinché il cambiamento faccia tacere il silenzio
E ci sarà la musica, quella musica...
Portami ti prego dove c’è la musica.




Vento e foglia, foglie e venti.

Vento e foglia, foglie e venti,
pioggia sferzante e queste statue fredde
che il cuore scalderà
quando avrà termine l’attesa.
Vento e albero piegato dagli elementi,
orologio ad acqua, rotto ma ancora
presente a scandire il flusso del tempo,
con la sua sola presenza: siate qui,
testimoni di chi vuole esser desto
al sorgere di cose nuove,
cose da restare attoniti.

Oh vento e foglia, vi prego:
credete a quello che dico ora,
scolpitelo nell’autunno che viene,
non sto mentendo né potrei mentire:
e poi perché la parola troppo a lungo
trattenuta, dovrebbe diventare inganno?
Perché guastare con la menzogna
il solo momento in cui
l’anima si consegna al destino e vola alta
a cercare il premio desiderato?

Perché la falsità,
dovrebbe consumare di nuovo la perfezione
e i momenti sublimi, e corrompere l'unica verità?
Forse non conosciamo il prezzo della stoltezza?
Ora annunciamo dunque la verità con squillo di tromba,
con una forza che pure in futuro escluda ogni ritrosia,
ogni tentativo di fuga.
Perciò se dico che il tuo respiro,
è il mio respiro, che il tuo alito è il mio,
possa io
restare soffocato
se mai annasperai in acque fredde
e fonde e non sarò a soccorrerti;
e se affermo che la mia carne è la tua
possa io gioire di ogni sussulto,
delle tue risa e del sapore caldo del vino sul tuo palato
e assisterti nella febbre, e pure accarezzare la tua fronte
madida nell’ora della notte in cui si incontrano gli amanti.

Oh vento e foglia, udite bene: e statue immote,
consegnate ai secoli da un tocco d’artista superiore,
al segno inefficace della mia penna, siate testimoni.
E’ qui annunciato, e dunque pure è scritto,
(scolpito in questi volti cinerei di marmo)
che né eventi, né circostanze avverse,
né distanze invalicabili possano dividere i cuori,
poiché non vi sono eventi o circostanze così avverse
da essere di ostacolo.
Né dobbiamo temere le distanze,
che possiamo valicare col pensiero
o col flusso di elettroni che corrono
sul volto della Terra,
in cavi di fibra e acciaio, o con la potenza
di motori imbizzarriti e ansiosi di riunire chi è amato
a colui che ama.

Oh venti, consegnate le promesse
agli dei,
affinché siamo puniti se oseremo
corrompere la bellezza e il desiderio,
con l’interesse impietoso o il tradimento;
con le cose oscure, celate in noi che non osiamo
confessare, perché ci rendono colpevoli:
ma dunque,
perché se ora non vogliamo confessarle
tante volte pure le abbiamo commesse
senza temere alcun giudizio?
Eppure la generosa magnificenza,
del cosmo non ci ha distrutti, disgregati in atomi
dissociati e incapaci a ricongiungersi.

Che questo,
per una volta ci sia di ammonimento a non sprecare
la grande forza che sorge in noi, nascente da una
segreta combinazione, dall’alchimia
di cuore mente e anima.
Sia da noi rivolta all’universo,
un’unica preghiera: che non abbiamo
paura di sognare e di giurare e di promettere
e costruire col sudore della fronte e gioire
per la luce del giorno, filtrata da capelli sparsi
su un cuscino al risveglio, credere ai boschi sussurranti
e alle stelle riunite in costellazioni,
segni antichi
premonitori di futuri incomprensibili
ma per noi
destinati a essere unica frontiera.

Che non abbiamo paura di scaldarci in un abbraccio,
quando ci invade il freddo,
che non temiamo l’incomprensione,
i silenzi che a lungo attendono soddisfacenti spiegazioni,
le assenze, che riempiono di dubbi,
la stanchezza, che a volte ci invade e ci rende freddi
anche alle carezze più sfrenate.
E tu amore, dammi
luce fortissima che brucia le pupille e profondità d’oceano
e canzoni cantate a squarciagola o in un sussurro lieve,
dammi frasi temerarie e irripetibili fuori
dai confini angusti di un’alcova d’amore.

E (ti prego) dammi
Amore, ma non amore comune,
non quello di cui dicono i poeti e i libri
e le canzoni;
ma l’amor tuo,
unico e indivisibile, quello che bramo
e non merito, che ti brucia dentro
e a volte vorrebbe rompere il guscio del tuo corpo fragile
per scorrere a precipizio, per spazzare il mondo;
quello che ti angosciava
quando sembrava fosse tanto da esplodere
e non trovavi come dirlo e spiegarlo e ti sembrava inutile
.
Ma sappi che t’ingannavi: poiché sarà energia infinita
e potenza senza limite quando ripartiremo insieme,
su una vecchia auto
che sarà per noi come un carro di fuoco.
E sia! Oh portatemi il mio amore, riconducete
il mio amore alle mie braccia, voialtri
vento e foglia, foglie e venti, pioggia
sferzante e queste statue fredde che il cuore scalderà,
quando avrà termine l’attesa del mio solo amore.




La forza del capitano.

Non c’è un blu, che sia più blu,
del mare dove non ho mai portato
nessuno,
perché il mare conosce segreti
che non posso rivelare,
senza paura di perdere l’anima.

Non c’è verde che sia più verde,
di questo tappeto d’acqua sconfinata,
superficie illimitata e mai scalfita,
in un tuffo, chi la sogna ci si perde
senza limite, dentro la camera verde.

Non c’è un blu, più blu,
di queste stelle,
nate da una collisione fortuita,
per non dire eccezionale.
Non nascono tutti i giorni, le stelle
o forse sono io
che non so guardarle.

Il posto dove andiamo non è così lontano
e basterà la forza generata dal respiro
dolce e regolare,
come la marea che sale adesso su verso la luna.
Basta seguirla, per capire dove andrà.
Luna di notte fonda, come un sorriso antico
porterà la fortuna a chi ancora deve viaggiare,
a chi deve prender forza, aver fede per arrivare.

Ci vorrebbe la forza del capitano,
per partire sulle onde del destino.
Ci vorrebbe quel coraggio un po’ speciale,
ed hai il mondo chiuso dentro la tua mano
come un sestante,
per guidarti sulle onde.

E noi, che sappiamo quanto è grande il mare,
non vogliamo lasciare questo vuoto scuro,
questa mediocrità come chi non ha mai abbandonato
la maschera di cera,
che ci consegnano quando cresciamo e perdiamo
l’anima in cambio di tragiche e sciocche vanità.

Non c’è oro, più dell' oro,
del coraggio di partire,
lasciare gli ormeggi per nuove sponde,
acque limpide e fonde.



 
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Data di pubblicazione 16/09/99
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