Raccolta poesie di:

Walter Somà


Indice della raccolta:


Solo per oggi. Venga la notte. Notte. La lucidità.
Traccerò. Libera. Trovarmi. Cosa provo nel cercarti?
Strade.

 

Solo per oggi.
Promettiamoci Amore per oggi.
Tocchiamo i margini della nostra sensibilità,
dove il sentire diventa un tono grave
e perdiamoci per un pò.
In qualsiasi direzione.
A occhi aperti l'umore è presenza
e qualsiasi metamorfosi è possibile.
Se ci sei tu.



Venga la notte.

Venga la notte e rinneghi i colori del giorno,
perchè io son lonano da te (ora?)
Nel veleno del corpo,
tu eri l'antidoto
e nel vuoto del tempo,
il tuo colmarmi era guarigione.
Mentre io calavo fisso su ogni mio separato essere,
tu cucivi i lembi della mia esistenza esplosa,
sedavi la mia epilessia,
univi la mia terra, al cielo.
Ora, nel mio unico senso doppio,
la mia eistenza forse è fragile,
il mio coraggio è anemico,
il mio calore è tiepido.
E' forse un'attesa, il tempo che dinamico si ferma,
a cercar te, lasciandomi scomparso
in questa comica, delittuosa, inafferabile ma sempre mia
vita?



Notte.
Notte. Quasi.
Penso.
Il suo sguardo è un oceano di luce.
Oscurità illuminante.
L’ artificio è nelle parole. Le nostre.
Il silenzio è luce e io vorrei solo il suo sguardo.
Vorrei solo quello.
Io sono il suo sguardo.
La verità è nelle parole.

(24/5/1999)




La lucidità.
La lucidità passa attraverso il dolore.
Il dolore svela la realtà.
La realtà è celata dietro un’immagine di vita dolciastra,
che racchiude in sé tutto il senso della morte.
La morte dei significati,
la morte dei sensi,
la morte organica.

Il dolore cosciente, custodisce  dentro sé
la sacralità dell’esistenza.
La paternità del senso.
Il coraggio dell’amore senza fine.

( 30/5/1999 )




Traccerò...
Traccerò le coordinate
di un’inferno,
che non può farmi male.

(28/5/1999)




Libera.
Cosa c’è tra un sentimento d’odio e uno d’amore?
Guarda dentro. Nel mezzo.
Respira quest’aria.
E’ nostra. Lo sai.

Sporgiti nelle fiamme,
non più cenere,
adesso vero fuoco.

Non più ideali, ma vera carne, vere ferite, vero abbandono.
Dai pochi minuti di grande magia,
pochi minuti che segnano un’esistenza,
pochi minuti e sarai libera.




Trovami.
Trovami in qualsiasi momento
e dimmi che giorno è.
Facciamo vivere l’idea,
sotto una lirica luce di squisiti inganni.

Perché un’altra festa è finita male,
ma è solo qualcosa in più,
non sottrae niente.

Le figure di cartone hanno fatto il loro gioco,
il loro sesso, ma nessuna di loro
avrà mai una voce umana.

Così, facciamo vivere l’impossibile
nel nostro gioco di ombre e luci,
mentre un altro secondo della mia vita
ha avuto un nome
e io lo guardo passare senza parlare.

Lasciami credere nei sogni, perché io sono
qualcosa che sta sopra, qualcosa che sta sotto.

Qualcosa fottuto nel bel mezzo del nulla.
Come un’eretica autocelebrazione
bagnata di intimo sangue e veleno.

Scelgo inferni e paradisi, li ordino, li combino, li mischio,
li tengo stretti nelle mani e osservo.
Freddo dentro.




Cosa provo nel cercarti?
Cosa provo nel cercarti?
Forse quello che provo,
scappando da te.

Una tristezza che avvolge,
che sfiora, che sfianca.

Una gioia pungente, rara.
Sono l’uomo che non esiste,
nella stanza dell’ultimo bacio di mezzanotte.

Chiudo gli occhi, ma non dormo,
il cuore in mano,
l’anima rasa al suolo
e penso che tutto quello che ci siamo detti.
Forse prima non esisteva,
penso che abbiamo creato,
che abbiamo sprecato,
che tra la violenza del sentire
e il dolce, ebbro sapore della distanza,
noi due, siamo esistiti.

Non c’è niente da imparare,
solo lasciare.
Volare via con ali d’insetto.

Mi hai fatto entrare e uscire...
Di continuo.

Ma non un solo muscolo si è spostato.
Così ti ho baciato,
ed eri pioggia e vento che bagna.
E io, sono ad imparare.

Addio.




Strade.
Strade. Sotto i miei piedi come mosaici.
Il destino cementato con il suo disegno.
Sotto i nostri piedi.

Navigare come avvolto.
Ogni tanto perdere il ritmo dei propri passi…
Il controllo.
Riconoscersi negli altri come immagini capovolte.

Sete antigravitazionale.
Smaterializzare l’ovvio
per giustificare la propria presenza
e mai capire veramente.

Cammino per le strade di questa metropoli che inghiotte se stessa.
Una città che scivola nelle proprie oscure voragini.
Divorata dai suoi anticorpi impazziti.
Cammino varcando soglie, invisibili agli abitanti di questo posto.

E io straniero, spesso anche di me stesso, seguo linee sui muri,
passaggi nella pazzia. Ondeggio nel pulsare umano.
Cerco il senso di questa immagine enorme che spesso ha le sembianze di un errore.

Sento il fragore meccanico di questo organismo disfunto,come pressione sottomarina. Profondità abbissale. Peso.

La città, l’umanità, il mondo, arriva da ogni direzione verso di me, ma si ferma ad un centimetro da me. Attorno a me.

Ne sento l’odore, l’angoscia, le speranze, il dolore, l’illusione…

Cammino attraverso i sogni della gente. Attraverso le loro storie tracciate su volti allegorici. Vite incollate su pezzi di carta da mille lire. Destini vestiti di cenci. Robaccia.

Il traffico è più lento oggi. Cielo coperto. Scuro. Pioggia fredda.

La pioggia addormenta facilmente una città abituata a girare su piani aridi.
Deserti metropolitani in cui molti decidono di trovare la propria oasi negli artifici. 
Nel rifiuto. Ma è deserto nel deserto. Non salva.

“Acqua del cielo d’inverno, 
 pulisci almeno per oggi questa città,
 dalle sue ceneri di disintegrazione.
 Riempi l’aria con la tua melodia liquida
 e lacrima la disperazione di queste terre di sonni senza riposo.”

Camminare nel silenzio malgrado le esplosioni.

Silenzio. Il mio passo è un sogno. Penso a come dev’essere piacevole, sciogliersi nell’acqua piovana. Assorbito da un’asfalto tiepido.

Scivolare nel ventre della città...



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Data di pubblicazione 12/8/1999 - Ultimo aggiornamento 30/11/2000 
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