Raccolta poesie di:

Sandro CiapessoniBiografia


Indice della raccolta:


Alba Sirena. Chiare fanciulle... (Castàlia).
Io ti ritrovo... L’Incontro... al plenilunio.
Rustiche case
 

Alba Sirena.  (da: I cantici di levante)

 Nell’ore cui la notte si scolora,
nell’ore ancora avvolte di misteri,
quando a levante
nel segno del Leone a mezza estate,
l’ultima stella cede il suo cammino
al coronato sole del mattino...
una Sirena ignuda
dal pelago sortita,
profila l’orizzonte dell’aurora,
con l’ombra sua leggiadra ed armoniosa.
 Alba Sirena
poetessa dell’aurora!
Dall’onde di Nerèo
come d’incanto sorta...
sorta dal regno del pelasgo iddio,
ascolta...
ascolta la gran pace del mattino!
 Su questa rena pregna di carezze
del saporito mare, eterna tua dimora,
disvelami o fanciulla
con tue parole vive,
gli arcani, cui nascosti stan misteri
delle serene quiete degli albori.
 Disvelami o Sirena
quel dolce sentimento della gioia
ch’io sento in me, nel riguardar
quel sorgere del sole,
là, su quel lontano ed infocato bordo
del tuo mare!
 Consolami o figlia di Nerèo!
Consolami col tuo parlar
con l’onde sulla rena; dimmi
se il mare di levante e l’orizzonte
in quest’istante uniti,
sacre realtà son esse... o mere fantasie
dell’infocato mio pensare...
o del vedere!
 Ninfa del mare!
Poetessa dei misteri
che incendiano i colori dell’aurora,
dimmi col tuo parlar... poetando,
se questo acceso mare di levante,
se quel lontano sole che nel salire
ci squarcia l’orizzonte,
abisserà il pensiero della Morte?...
 Consolami...
consolami poetessa di levante!



Chiare fanciulle... (Castàlia)
 Chiare fanciulle dalle dorate chiome
vestite sol coi raggi della luna,
nelle sorgenti alpine vanno a cercar ristoro.
 Son le sembianze loro, indefinite e vaghe;
- tal è l’aspetto occulto -,
eppur desiate assai, son da cantori e aedi.
 Le spensierate amabili fanciulle
sono le “ninfe”, alle muse, sacre.
Spiriti eletti sono, all’arti del poetar
e della cetra, e all’arti dei colori
e degli allori.
 Questo è il bel sito ove Castàlia intreccia
i sacri lauri pe’ i serti dei poeti;
quivi l’aurata ninfa, fuggì i desiri
del musagete Apollo.
 O nàiade Castàlia fanciulla delle fonti!
Per ricusar l’iddio, la fonte del Parnaso
assunse al tuo destino.
 Alla tua fonte ora, per volontà divina
attingono il sapere arcadi ed aedi.
Alla tua fonte, l’iddio citaredo
con dolce melodia... ma con rimpianto,
empie di Delfi il cielo.
 Castàlia fuggitiva al dio dell’arti belle,
oggi dimora ovunque presso le fonti
baciate dalle stelle.
 Là, dove l’acqua dei rivoli montani
in singolar ruscello si conduce,
fra il verde degli allori e dei castagni.
 Il solitario canto del ruscello
si perde nel frascato a fondo valle,
e nella notte, terse le vie del cielo,
l’illanguidito raggio di Selène
avvolge con dolcezza, Castàlia e le sue chiome.
 La giovinetta sacra, lambita è dalla fonte;
con amorosa grazia ed armonia,
le ciocche bionde... posan leggere
sul delicato seno.
 Adorno è il capo di glorioso alloro.
È il serto consacrato dalla vestal d’Apollo!
Castàlia l’ha costrutto... la ninfa, a noi lo dona.
 Il profumato anelito nell’aere,
ricorda -ascoso-, l’alpestro ciclamino.
L’aulente aroma del selvaggio timo...
Frondoso è il “capelvenere”, dai tufi sporge...
e le accarezza... il viso.



Io ti ritrovo...
 Io ti ritrovo ancora
o fragil pettirosso
festoso amico mio; sei ritornato ai marmi del dolore
per rinfrancarmi il cuore
e rendermi un sorriso.
 Più non credevo riveder tue piume,
il bel “vermiglio” a ricoprirti il petto.
Pur ti pensavo ancora
mentre balzavi allegro
su questa verde fronda.
 Se un dì mi cercherai,
io non sarò fra queste croci e marmi;
io non avrò tuia a ricoprir mie spoglie;
forse un disegno amaro
intreccia la mia via.
 Più non sarà la tuia che t’accoglie
minuscol pettirosso amico mio,
ma in altra zolla in quel di Chiesanuova,
rammentati!...
“Un verde cespo di pungenti ortiche
frammisto alla rosella campagnola,
t’ indicherà il mio letto a primavera”.



L'incontro... al plenilunio.
 Eterna Bice!...
Memoria sempre viva di passioni,
cui Morte, vita volle e non tua fama!
 Romantica “Pisana!”
Nella festosa estate che or s’avanza,
ti voglio ricordar col niveo dire,
la voce dell’amato tuo Poeta:

  “... Como, il bel lago e il popol suo gagliardo
   ....................................................................
  e i seguenti emular quelli di prima,
  ma il nove giugno fu si bello anch’esso
  che per dirne il perché, manca la rima.”

 Ombra soffusa e inquieta,
riflessa come fiamma su quest’onde...
che spiri i tuoi tormenti in queste valli,
soffermati fra noi
nell’ore dei ricordi!
 T’aspetterem le notti al plenilunio,
non saran vane le speranze tue;
la notte, rivivrai sul tuo balcone
l’incontro silenzioso col soldato.
 Illumini la luna di niveo candore
l’ombra leggera e vaga
di Bice... “la Pisana”.
 Dolce sarà per te mirar le stelle,
le stesse che ti furono compagne
nei tempi lieti di tua corta vita.
 Il tremulo chiaror di tenua luce
qual... palpito sull’onde come il cuore,
è il bacio della luna sul tuo lago
e gran conforto al tuo vagar nel cielo.
 Ti saran l’onde... canto di Sirena!
Lor frangersi sui sassi della riva
è l’evocar la voce a te si cara.
 Dai grappoli fioriti
del glicine frondoso
che avvince tua dimora,
si eleva profumato
lo spirito tenace
d’Ippolito guerriero!
 Ti vedo o mia “Pisana”...
ti vedo al tuo balcone
avvolta nell’alone
di niveo splendore.
 Ti vedo o mia “Pisana”
col tuo sorriso amaro,
compunta di tristezza e di dolore.
Pietosa Morte!... non rapì il tuo nome.
 Ma in questo cielo, accanto ai monti amati
tu resterai in eterno o amata Bice,
io ti ricordo e sempre ognor ti ammiro
le notti dell’incontro... al plenilunio..




Rustiche case. (da: Rime)
Rustiche case... rustico ristoro.
Un’osteria sul bordo della via
e un pino accanto all’orto sul pianoro.
 Lungo il bel prato fin sotto a grigia rupe,
arbusti di campanule violacee
screziate con colori bianco e rosa,
ornavano selvatiche in natura
sconnesse pietre antiche, a mo’ di mura.
 Protetto e custodito
come familiarmente avvezzo,
nell’ora cui meriggio
vuol tacita, a diletto,
sotto il bel pino ombroso
gustavo il buon sorbetto.
 Nella stagion cui sole si scatena,
sul limitar del prato e l’osteria,
un pergolato verde d’uva spina
il fresco refrigerio mi porgeva,
mentre su libro chino, cannuccia in mano
i primi rudimenti del sapere
aprivano mia mente al mio dovere.
 Sul tavolato in pietra
e all’ombra degli intrecci d’uva amara
io qui compresi a ricordar qual pietra,
aste diritte ed aste... con rampino,
il tondo della «o» e i segni col puntino;
poi... sulla pietra dura, poggiando mani al viso
io reclinavo il capo... sognando il mio destino.
 Prati, colline e monti!...
Dolci profili familiari e forti
che abbracciano solari l’orizzonte.
Folte robinie e schiere di sambuco
dove la chiara roggia scorre presso il ponte...
io vi conobbi allora,
quando in estate il sole si scatena,
quando cicale e grilli
allietano giornate infino a sera.
 Io vi conobbi all’alba
col sorgere del sole,
con l’animo sereno
di candido bambino
guardando un cielo puro
disgombro dalle nubi
e il volteggiar di rondini festanti
e di colombe, in cerca di ristoro...
 Guardando amene valli
al tramontar del sole...
i poggi dell’Usèria,
la bianca Casa col segno di Maria,
la cima del Crocino e a fondo valle,
la selva scorticata a pie’ del monte.
 Le fredde piode erose e levigate
giù nella rongia poste...
consunte da ginocchia
cui l’acqua lor lambiva,
rubando anche il sudore
che il caldo lor forniva.
 Conobbi allora i segni
del ricordar soave e genuino
che infino ad oggi dominan
la via del mio cammino.
 Dei personaggi tipici del luogo
ricordo... il contadino anziano e rosso,
vestito di fustagno liso e smunto;
i baffi rossi attorcigliati e a punta,
il calice di vino poggiato sovra un soglio
mentre bocciando con fragor sul ciglio
centrava quasi sempre il suo bersaglio.
 Mi sveglio da quel sogno...
e nello specchio azzurro ed infinito
rivedo i tempi antichi... ma ancor vicini
sì, che emozioni amare e sconsolate
invadono con forza le mie vene.
 La cima del Crocino è sempre verde!...
i poggi dell’Usèria, immobili e solenni
mi additano lontano lor tramontare eterno.
 Nei prati che da Ponte vanno a Brenno
lungo il sentiero dove il sambuco odora,
ancora scorre giovin roggia
antica un tempo... che sempre m’innamora.
 Ma sulla fronte mia e sul mio viso,
ahimè, profondi stanno i segni
della trascorsa vita ... e del destino.


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Data di pubblicazione 12/6/2001  - Ultima modifica 16/7/2001
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