Raccolta poesie di:

Antonio ZavoliBiografia


Indice della raccolta:


Una fiamma silenziosa. Il profumo della pioggia. Ho perdurato nella mischia.
Io so cos'è la tenerezza. Ah! le fragili giunture. Di fronte ai grigiori.
Non serve la mia ostinazione.
 

Una fiamma silenziosa.

Fuori le perle argentee della pioggia
posate sui rami della betulla
io  posseggo un quadrato modesto
di cielo opaco
vorrei stare su una nuda collina
la pelle secca del viso
bagnata dall’acqua battente
con un sorriso appena accennato
come tenera luce della mia anima.

Sotto il cielo ghiacciato dell’inverno
non sono in grado di dire
quanti anni sono passati
ma sono certo che una fiamma silenziosa
ha bruciato pensieri e cose
ha bruciato quasi tutto
ha distrutto le retrovie.




Il profumo della pioggia.
Il profumo della pioggia
che cade lenta, tenace, silenziosa
che abbevera le ultime rose
vive nell’inverno.
Il colore della pioggia
che lucida la lava della città
mette a nudo il pineto dei pensieri
o forse solo dei sentimenti.
Il fantasma del vento
che non fa dimenticare le pene
 le agita come fiori
in attesa di mattini e sere
sempre meno veri.
Vorrei parlarti di pianure
con grande tenerezza
vorrei parlarti del cuore
agitato dalle onde del sangue
dei vecchi desideri.



Ho perdurato nella mischia.
Ho perdurato nella mischia
negli occhi nuvole o macchie d’eternità
dalla bocca sfuggono parole 
senza senso, molte volte si è levato
il sole su questa muta sofferenza
ogni volta ho usato parole dure
contro il grembo sterile del dubbio
ho passato volutamente gli stretti
sono andato periodicamente
dall’altra parte
per vedere la vita,
ho solo riportato
saggi pensieri sulla morte
ho visto il tuo corpo di neve
dissolversi nel meriggio a caso
non ho disegnato alberi genealogici
né sognato dinastie, i rami neri
in questa dura stagione sono stati solo
percorsi muti del nostro perderci vano.
Molte volte il sole è morto.



Io so cos'è la tenerezza.
Io so cos’è la tenerezza
il segreto di un testo dimenticato
che riappare, fresco, vibrante
non c’entra la nostalgia 
la tenerezza mi aiuta a non parlare
solo sentire
come il ricordo impressionante
della tua voce
delle tue mani.
Io so che ogni giorno è una freccia
che sale l’aria
diretta ad un bersaglio che non c’è,
poi ricade.
Io so che l’ansia non muore
sorella magra, con occhi chiari
della speranza.



Ah! le fragili giunture.
Ah! Le fragili giunture
che connettono l’essere e il divenire
mentre mi stancano gli sprechi dell’apparenza.
Si, la tua voce ha registri inediti.
Come venature di ricordi carnali.
In bilico febbrilmente tra orgoglio e pietà.
L’aria d’autunno è venata di echi
percorsa da una luce
che piega erbe e fumi
poi precipita in piogge
che odorano d’eternità.
Ah! Le mie corse a perdifiato
per le pendici del cuore,
lungo i filari infelici
dell’inappartenenza.



Di fronte ai grigiori.
Se il nostro ragionamento
dovesse morire, cadrebbero
le pareti della nostra vita
(certo uno dei luoghi
più strani del mondo)
per cui a volte mi chiedo
se non devo fin d’ora 
dare l’allarme, alzare
almeno la mano dell’inquietudine.
Ma guardando quelle facce
non mi sfuggirà una parola.
Se ci penso ho davanti a me
migliaia di pagine sconosciute
non conosco i particolari
della mia anima.

Quest’afa subdola
che mi costringe a forzati ozi
e a squarci di ragionamenti
bozze di parole sudate e pungenti
come gomene lanciate per l’attracco
sopra un mare blu profondo

un disgusto sottile
nella tensione che s’allenta
forse paura

mi porto inutilmente frasi
lungo le strade
qualcosa accade di nuovo
mentre tutto si smarrisce
e io sto seduto al limitare
di un bosco, con l’anima fiacca
turbata da un fruscio
tenera e brancolante.

Al di là del confine
dove il tempo rallenta
ricordo e desiderio
una cosa importante
che emerge, mentre le altre cose
arretrano sempre più
mute e morte
sgretolate dal mio sguardo.
Nessun inserviente viene
ad accendere lumi
(la casualità dei nostri rari riposi
malinconici eppure risoluti).

Tutta la vita mi appare remota
divento sempre più leggero e più chiuso
mi resta solo un tono d’indulgenza
nelle parole: sotto c’è uno spazio vuoto.
Una sofferenza asciutta
di fronte alla velocità della vita
che impedisce di ascoltare le voci.

L a fuga verso il futuro
unica speranza metodologica
numeri immaginari della mia matematica rudimentale
la fuga è un sentimento
un cielo azzurro pieno di nuvole
percorso di salvezza, improvviso
viaggio solitario verso altri momenti,
altre voci. L’estraneità al presente 
è la molla.

Non  so se adesso ogni altra parola
è superflua, sono ancora vivo 
ma il fenomeno non interessa
le scienze naturali
Dovresti portarmi una lampada
ho scritto fino ad ora, poi
ho alzato adagio lo sguardo:
mi interrompo e mormoro "scommetto".

L’acqua è arrivata con la notte
mentre sull’oscura riva 
indugia pigramente il calore
del giorno, il mio.
Emergono facce sconosciute
la sensazione d’essere stato diverso.
Un oscuro taglio sanguinante
indugia sotto la pioggia
arriva la stanchezza
come l’acqua di notte
emergono sensazioni diverse.
In questo momento
ognuno se ne va per conto suo
senza aggiungere altro.
Un corpo pigro, molle e greve
non basta più a trovare alleati.
Un bagliore s’agita confusamente
nel buio, soffia anche
un vento violento.




Non serve la mia ostinazione.
Non serve la mia ostinazione
nel mantenere il segreto 
resta il fatto familiare
da me solo conosciuto
che s’annida tra la partenza degli ospiti
e il corrompersi della situazione

le schegge dell’io per casa
negli scaffali prove di persuasione
questa ininterrotta meditazione
resa sopportabile dalla stanchezza

una fuga alta e stretta
da un giorno all’altro
senza la sosta di un abbraccio.



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Data di pubblicazione 28/4/2001
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