Raccolta poesie di:

Giuseppe PolselliBiografia


Indice della raccolta:


The Peter Pan's Myth. La canzone di Jenny. Abissi di timori propiziatori.
Apostolo o forse esteta di zattere in deriva. Carthago delenda est. E come un pirata navigo per mari infiniti.
Calici dorati. E fu subito notte. Dio, Dio e Nica.
Je t'aime mio  serpente celeste. Il sogno del granellino di sabbia. L'importanza di essere nato a Lisboa.
L'incognito disegno. Lungo i viali segnati dall'acro dei tigli in amore. Inebriato di quel niente talento d'ubriachezza.
Pur di non nascere dal nulla. The Peter Pan's Myth 2°. The Peter Pan's Myth 3°.
Il giorno. L'elefante sul mondo. Risaie di paradossi.

 

The Peter Pan's Myth.
Lo specchio riflette la fioca luce 
dell'astro notturno.
Nascente sulle nostre auree chiome
nello stagno stelle pelle lucida
corpi aggrovigliati, mistero divino: l'amore!!

Trattenersi l'impeto finale quasi votato all'eternità
prima della rivelazione finale, quasi fosse liberazione
oh, gioia divina gioventù eterna il mio amorino
i suoi capezzoli come cime innevate
ne posso gustare il dolce nettare inebriante
come un ridente arcobaleno primaverile.

... E la notte fu un continuo rincorrersi, ricercarsi
sembrava come se fosse la prima volta
offrirsi, rioffrirsi, sfiorarsi, corteggiarsi,
rinascere e rigenerarsi ad ogni continuo sussulto.

Strappavamo all'amore il segreto dell'eterna giovinezza
trattenevamo l'attimo prima, l'attimo fuggente sino
a raggiungere le scale del cielo, infiniti
prati celesti sbocciavano fiori nelle nostre nudità.
Oh Venere!
Nulla ci era proibito, nulla vietato né celato
eppur nuovi orizzonti carpivamo.
Il segreto era celato nell'attimo fuggente
nell'attimo prima dell'orgasmo, quasi fosse
olimpica rivelazione l'attrazione tra due corpi celesti
la simbiosi fu immmensamente totale
ne assaporavamo ogni frammento 
ne gustavamo ogni mutamento.

Era la nostra aurora boreale più esplosiva dell'elio 
solare.




La canzone di Jenny.
Dimmi Jenny cosa cerchi nel mio corpo che già non sai
E tu occhi blu perché ti affanni a cercare battiti che non ti posso donare,
ditemi, mie sirene perché mi circondate nel girotondo
cercando qualcosa che non è più mio che io non posso più darvi
giacchè mi è stato rubato dalla ragazza
cecchino che spara dritto al cervello.

E tu Betty, che non scivolasti mai nel mare a primavera
né dalla tua bocca vidi sbocciare rose a primavera…

Ballano le mie amazzoni, mi circondano cercando qualcosa
che ormai non è più mio e che mi fu rubato
dalla principessa colla criniera al vento.

E furono baci e furono abbracci
ma da quei baci non nacquero fiordalisi
né l'amore che voi scippaste anche per una sola notte
al bel principe dal sorriso largo ma dagli occhi tristi
ma dagli occhi tristi come i papaveri recisi
dalla falce del villano in campi di grano.

Lei mi colpì con un solo colpo
mentre voi con mille soltanto divertirmi potete ma non affondarmi…

Ed io di voi non canto l'amor bello l'amor vero
ma solo i lazzi del vostro girotondo
di chi volle conquistare il mondo
anche per una sola notte
di chi volle conquistare il mondo
anche per una sola notte.

Sparami ancora, cecchino,
sparami con un colpo secco
finchè non vedrai cadermi esangue
e colare ai tuoi piedi il mio sangue…
…sparami con pallottole al cioccolato
dritto al cervello per aprirne la strada
che conduce alla pompa del sangue
ed alterarne il battito ritmico…
e saranno i girasoli sbocciati dalle tue pallottole
a far ombra al mio corpo
caduto esangue ai tuoi piedi
sparami cecchino
sparami ancora
con un colpo secco.

E di voi amazzoni
che di sogni riempiste i miei calzoni
canterò l'amore perduto
l'amor sacro o profano e mai ritrovato
nel vostro allegro girotondo
di chi volle conquistare il mondo
anche per una sola notte
di chi volle conquistare il mondo
anche per una sola notte.




Abissi di timori propiziatori.
Un lieve tepore d’un mattino
assonnellato tra lo schiudère
ed il battito di ciglia mi prese,
come porte d’un tram che riparte,
di passeggeri l’un l’altro estranei
s’intravedono frammenti cromatici.

Arduo ricomporre cocci vetrui
come nigmatiche parole di rebus

Procedere come ombre
in stagni riflettenti nuvole;
scrutare verruche in navi di bottiglia
strozzate da tappi di eventi circei.

Impescrutabile. Inesorabile.
Imprevedibile:
intento o accaduto.

Assurdità sottrarsi
per inerzia o pigrizia
bocce d’un bigliardo, pedine
lanciate da mani spesso ruine
ed ignare del proprio destino.




Apostolo o forse esteta di zattere in deriva.
Apostolo
Forse esteta
Della tua anima
Cozzata
Alla mia
Come zattera
In deriva
Da non so quale continente

Osservo
Uno spiraglio
Di luce
Dal faro
Abbandonato
Assaltato
Rubato
Da pirati

Chi ruba i sogni dalla mia mente?
Chi depreda emozioni dal tuo cuore?

Chi mente?
Chi muore?

Un sasso gettato
Come luna di pozzo
Urlo di corvo
Ricurvo
Su ceneri
Puzzolenti
Acque putride
Di innesti
Mai sbocciati.




Carthago delenda est.
Scrutare nelle notti
Affievolite dal torpore
Nebbia
Sonno nelle palpebre
Stanche di lunghi cammini
Lungo errabondi viottoli
Illegali sentieri temporali
Percorrevo in quei angusti spazi
Percorse ora da anime
Candide
Ora da dannati
Affannati come cavalli
Da soma o da corsa
Che il loro triste giogo
M'appesantisce?
Una strana calma m'addolcisce
Quel tormentato cammino
E seguo piste tempestate
D'eventi
Mutati solo dal vento
Quel sogno infranto
Quell'agonia pericolante
Dondolante
Figure forse ignote
Paesaggi impalpabili
Sensazioni mutevoli
M'appaga
Che il male minore
Sia quello di non dire
Mai dov'è la fine
Per porre un limite ad esso
Ed a tutti gli eventi?

Che Carthago fosse predestinata
A tal fine ed a continuare
La sua vita nel ventre molle
Ed adiposo dell'Urbe?
Che i suoi semi abbiano generato
E partorito fianchi molli
E seni grondanti di latte
Nella pastorale e bellicosa
Città tiberina?
Ed altre navi giunsero a Carthago
Grondanti d'armi e volti bellicosi
Pronti ad estirparle ogni segreto
Tutto era stato preparato
Per questa trasformazione
Per questo trasloco
Dal volto giovane e superbo
dagli occhi carnosi
distrussero e rubarono tutto
strapparono persino
i segreti celati dalle urne
portarono via le ceneri
da cui nascevano le palme

Lode a Carthago
Culla di civiltà
Dove le donne
Dalle vesti imperiali
E dai fianchi dondoleggianti
Irradiano il mare
Di freschi petali
Ogni qualvolta
Un eroe ulisseiano
Si getta
Ai loro piedi
E le onde marine
Allontanarono quei petali
Da Carthago fin sotto le stive
Di quelle navi trasportanti

Volti gonfi di grugniti
Tutti dimenticarono
Velocemente l'evento
Ma nuovi semi
Furono trapiantati
Aldilà della riva mediterranea
Una terribile vendetta
Covava sulle rive tiberine
E la città ne fu improvvisamente
Pervarsa
Qualcosa risorgeva
Qualcosa rinasceva
E si diffondeva
Senza apparenti ostacoli
Qualcuno ritornò a Carthago

Ma lì non c'era più niente
Da distruggere o rubare
Carthago risorgeva in altri posti
E l'urbe ne fu improvvisamente
Innamorata
Fu questa la vendetta di Carthago
Una fioca luce attraversa
Il cielo ombroso
Mi dice che lì c'è Carthago
Pronta a risorgere
Ogni qualvolta
Una nave
Colma di volti bellicosi
Attraversa il Mediterraneo.




E come un pirata navigo per mari infiniti.
... E come un pirata navigo per mari infiniti
e per coperta il cielo stellato
e per musica il grignare dei miei denti
e per fuoco il calore del rhum
di tanto in tanto una stella cadente
che raccolgo vicino la prua
e che curo mangiandomela
così da risparmiare l'olio dei miei lumi
non provo gioia non provo dolore
non provo sgomento né ammirazione
trovo solo infinita desolazione
tra i flussi del mare
da cui i pescecani fan mostra
dei loro aguzzi denti illuminati
dalla luce delle stelle
e dalla timida e ladra luna
che scippa senza rimorsi
la luce del sole.



Calici dorati.
Come lanterne di neve
baritoni di tuoni incomposti o incompiuti
sbocciare ombrelli di spazi senza tempo
buchi neri esistenziali
spargere note grauche
rane gracchianti senza stagni
lune di luce senza ombre.

Ed io vi donerò il mio male
note poetiche strozzate da torrenti
ora in piena ora secchi
in calici dorati di veleni
traboccati da fiumi senza vene
stormi d'atomi atopici
labirinti umani dispersi dal mare di stelle
tempeste di fiocchi annodati
sanguinanti urla inghiottite.




E fu subito notte.
Il mio dolore è la sofferenza d'amarci
Che neanche le luci dell'alba
Possono placare né contenere
Lo stesso dolore che irradia la luna
Che ruba la luce del sole
Ed in questo dolore nessuna gioia
Potrà appagare
L'inesauribile sazietà
Che sopraggiunge al tramonto del sole
Ed all'apparire delle prime luci della luna
Ed io con te mi sento vicino

A quell'insondabile mistero divino 
Che regola i cicli dell'astro nascente
E fu subito notte
Il giorno andò via 
Presto amor mio
Prima che sopraggiunga il giorno
E le luci dell'alba
Ci sorprendano e mettano
A nudo i nostri segreti
Le nostre celate nudità
Non prendiamo tempo

Lasciamoci trafiggere
Dai dardi del Sagittario
Seguiti amorevolmente
Dalla Vergine e dall'Acquario
Difesi dal Leone
Sbrigati, amor mio,
la Luna è in Giove
altre costellazioni
dovranno nascere stanotte
questa notte è la nostra notte
nessuno può rubarcela
sbrigati,
sbrigati
la notte è lunga un dito
Psyche ed Eros incalzano
Impazienti
Imperiosi
Tempestosi
Sbrigati
Sbrigati amor mio
questa è la nostra notte.




Dio, Dio e Nica.
Dio, Dio
dio mio, dio mio
Dio, in un letto di un ammalato
in una ferita ricucita
solo perché sarà l'aguzzino di turno?
E' la vittima? Quale sarà l'aguzzino di turno?
Il martirio?
Quali e quante vittime?
Quali e quanti aguzzini?
Non voglio boia nella mia vita
Lasciatemi vivere, lasciatemi cercare
il mio dio anche se non lo troverò
anche se la strada sarà come una fiera d'agosto.

Lasciatemi questa vita
lasciatemi questa libertà
lasciatemi questa scelta
e allora ve ne sarò riconoscente finchè vivrò.
Succube no!
Non lo sarò mai.

E turba la dolce quiete di pomeriggi assonnellati
Nica, fratello gemello d'Altamura
mi fa balzare dal sonno
mi interroga, mi chiede
si sofferma sui miei "... perché... purtroppo"
vuol sapere
discrimina l'alibi
non mi concede pause
giacché a lui poco interessa
dei miei voti scolastici o del mio stipendio
si interessa ai miei voti e al mio stipendio
da uomo
si interessa di come esercito la vita
si interessa di come gestisco le mie forze interiori.

Nica non accetterà mai
che io dica "Altamura fa meno di me"
Nica vuole tutto nel bene e nel male
 vuol capire
è testardo
persistente
a volte noioso, banale, ripetitivo.
Dio,Dio
quel Dio
quel bisogno di assolutezza
mai ricercata mai in dubbio mai sofferta
mai mitigato mai placcato mai trovato.

Eternamente. Nica risponde.




Je t'aime mio serpente celeste.
La mia anima vagante
mina inesplosa
che nessun artificiere
disinnescherà
lungo le rive nebulose della Senna
in panalogie metafisiche
e confondersi negli umori
d'incontri furtivi
di beltà terrene
orrori e piaceri
misteri terreni svelati
e librarsi
pur essendo
 pesante.

Cerco
il grimaldello
di non so quale cassaforte
nascondiglio o forse rifugio
...je t'aime mio celeste serpente
sbucato tra le mie ombre
paradossali
schizzi frenetici
di colori quasi penombre
d'arcobaleni mai dipinti.




Il sogno del granellino di sabbia.

Non siamo che granellini di sabbia
E traiamo la nostra forza
Dal vento o dall'onda del mare
Che ci trasporta
E sogniamo di diventare roccia
Per avere una forza nostra
Ma la roccia affascinata
Dal dinamismo del mare
Se ne innamora
E non sa di diventare
Poi granellino di sabbia
Finissima e lucente.

La mia anima gronda di sangue
Il cuore suona come un tamburo
Ma la mia mente è libera
Come il vento
Che la trasporta sino alle stelle
Ed io trovo il mio nirvana
In qualcosa a me simile
E da cui derivo e traggo forza.




L'importanza di essere nato a Lisboa.
Oggi mi sento un marinaio portoghese
di quelli che sfidarono l'oceano
che gli sta davanti
lasciandosi dietro il Mediterraneo.

Mare Nostrum troppo conosciuto
troppo affollato troppo arenoso.
Altri navigatori spagnoli, italiani
oltrepassarono lo stretto di Gibilterra
trovandosi in pieno Oceano.

S'incontrarono coi portoghesi
li seguirono ad un loro cenno
l'avventura iniziava
un tabù era finalmente caduto.

Sui fianchi delle loro navi
c'era ancora dell'arenile mediterraneo
che s'innamorò dell'oceano
e fu immediatamente ricambiato.

Smise di tuonare
ritornò la calma
il sole riflettè la sabbia.

Più riflettente. Più aurea.
Innamorata ed amata.
I navigatori portoghesi dovevano amare il mare.

Anche per loro una luce proveniente da un'onda
marina doveva averli trafitto il cuore.




L'incognito disegno.
Correre con scarpe bucate
In melaniche piste strozzate
Da mani glauche di calzolai
Prive dei fili leganti
Punti oscuri indefiniti
Battenti marciapiedi
Segugi di quell'ineffabile disegno
Metafisico o umano
Parchi sintomi incuranti
Di sussurri usurati da tempi
Non decifrabili segni incogniti. 
Ermetici.



Lungo i viali segnati dall'acro dei tigli in amore.
Lungo i viali segnati dall'acro
Di tigli in amore sino all'ultima
Rotonda dove l'animo si rincuora
E tra chiacchiere quasi assopite
Grida lazzi fischi
Assapora la lieve ebbrezza
Della brezza di quei meriggi
L'ondeggiare di corpi
Curvi ricurvi a volte frettolosi
Come lampi di luce
Tra le reti dei pescatori
Ed aprire nuove falle
Cercando il remo
Come fosse apriscatole
Di un destino mai così disincantato
Di un fine perseguitato
Fino all'estrema unzione
E trastullarsi di beltà
Così trascendentali
Vantandosi come fossero
Lucciole primaverili
Afferrate al volo
E trattenute come sogni
Dimenticati in cassetti mai svuotati
Vuoti incolmabili
Incalcolabili
Alzarsi all'improvviso
Per andare alla fine del viale
Cercando l'inizio
E lasciarsi trasportare
Da quell'acro che ti giunge
Dal vento come musiche
Forse conosciute o mai dimenticate
Le membra vengono solleticate
Da quel leggero eppur veloce
Andare indietro e avanti
Da quei corpi scalfiti
Dalla calura e dalle vesti ariose
Ed ecco all'improvviso
Ed ecco giunge una voce
Che mi desta da quel disincanto
Giunge a bordo di un cavallo alato
Bianco e lucente
Non so forse dal mare
Forse dai monti
Forse da quei corpi dalle vesti ariose
Forse da una foglia caduta
Forse da echi lontani
Incavati e celati
Ad ogni memoria
Mi dice cose incomprensibili
Eppur dall'accento familiare
M'accarezza i biondi capelli
Mi bacia la fronte mi prende per mano
Mi tormenta le labbra
M'acceca
Ed io divento sordo
A quel odor acro lasciato
Dai tigli lungo i viali.



Inebriato di quel niente talento d'ubriachezza.
D'un mattino non schiuso al tramonto
gioco crepuscolare il lampione semiaccesso
le nubi,la gatta salta su gomitoli
di lana fuligginosa il vapore acqueo
uscito da caffettiere scaricato
dalla torre dello stabilimento
mani rudi callose veloci rumorose
l'ora racchiusa tra una catena e l'altra
interrottamente quasi fosse un silenzio
il rumore assordante sul muro
seguo linee indefinite mi sento perso
inebriato di quel niente talento
d'ubriachezza angelica e demoniaca.
Che stupidaggini! che idiozia!
Non che io sia un idiota
ma a volte un folletto mi fa girare
la testa e isole non trovate sogno.
Che Iddio mi punisca per la mia mendacità
che mi riduca come ghiaccioli di stagno:
Oh Servitù perbene, la pigrizia:
Avvolto come uno stato influenzale
Invento il mio male lo fabbrico lo plasmo
Ne ho un'intera catena di montaggio
Posso ammalarmi quando voglio ho l'armadio
pieno di medicine e ricette
Di veleni ne prendo a sorsate
La cicoria è amara ma non avvelenata
diuretica nelle sue funzioni
Sento il languido abbandono
Ah come vorrei una cuccia di cane
Sotterrarmi come talpa ma non cieca bensì assopita
Che sia il buio a renderci ciechi?
Chiostri di lumi accesi grondaie stagnanti
Bui circolari affettati da alchimie scarne
di petulanti rossori bagliori accaldanti.
Chi ci chiede di vivere? Chi di ridere?
I remi delle barche a volte marciscono
Le vele ammainate giacchè lacere
Il capitano è in pensione forse morto
Nell'osteria del baro del porto il gioco a dadi truccato
Calici di vino ebbro, sputi, rutti.
Mi duole la testa mi terrorizza pensarlo, m'addormento.



Pur di non nascere dal nulla.
Si fa di tutto
pur di non nascere
dal nulla

Acrobati del vivere
In teatri ambulanti
Gigolò di nuvole folgoranti

Giochi crepuscolari
Tra luci ombre
Falò nubi

Manto nevoso
Ruvido liscio
Impavido
Peccaminoso di vellutati ritmi
Lascivo  di passi intimi

Ogni briciolo
purché non venga
dal  nulla.




The Peter Pan's Myth 2°. 
The mirror reflects the faint light
of the shining star night
Borning on  ours golden  hairs
In the pond stars skin bright
Bodies tangled, mysthere divine: the love!!

The final impetuosity staied to eternity almost devoted
before reveling final act, almost was liberation
Oh divine joy eternal youth my lover
her nipples as peaks snowed
i can tast their the sweet nectar drunken
as a laughing rainbow spring

....And in the night we continued to chase us, to seek us,
felled that as was the first time
to offer oneself, to offer oneself again,
to touch lightly, to court oneself.
For every continous jump to revive and generate

The secret of eternal youth we wrung out of  the love
In the moment before, the running away we retain
till to reach the stairway to sky,
in our nakedness infinite celestial medows borned
Oh Venus!
Nothing we was forbidden, nothing pleasure neither concealed
however new horizons we knowed
The secret on the running away hided
in the moment before of the orgasm,
almost if it was olympian revelation
the attraction between two celestial bodies
the symbiosis was immensely absolute
every fragment of them we savoured
every variation of them we enjoyed.

Was our aurora borealis
More explosive than helium solar.




The Peter Pan's Myth 3°.
El espejo refleja la dèbil luz
del astro nocturno
Naciente  arriba de nuestros cabellos 
dorados
En el estano estrellas de pieles lucidas
Cuerpos entretejids , misterio Divino:  El
Amor!!

Abstenersi el  ìmpetu final, casi lanzado a 
la
eternidad
antes de la revelaciòn final, como si fuese 
una
liberaciòn
Oh! Alegria divina, eterna juventud Mi 
Amorcito
sus pezones  como cimas llenas de nieves
puedo saborear sus dulces nèctares 
exaltantes
como un sonriente arcoiris primaveril.

...Y la noche fue una continua persecusiòn,
buscarse
parecìa como si fuera  la primera vez
ofrecerse, ofrecerse otra vez, tocarse,
cortejearse
Renacer y regenerarse en cada estremecer.

Le quitaban al amor el secreto de la Eterna
uventud
Paraban antes el tiempo, el minuto que se 
escapa
hasta de alcanzar
las escaleras del cielo, infinitos prados
celestes brotaban flores en nuestra 
desnudez.
Oh, Venus!!
Nada se nos habìa prohibido, prohibido ni
escondido,
sin embargo nuevos horizontes tomabàmos.

El secreto estaba escondido en el momento 
que se
escapa
momentos antes del orgasmo, como si fuera
revelaciòn Olìmpica la atracciòn entre dos
cuerpos celestes
la simbiosis fue inmensamente total
se probaban cada fragmento
les gustaban cada mutaciòn.

Era nuestra Aurea Boreal màs explosiva que 
el
helio solar.
A una amica, mi osita.




Il giorno.
Ogni parola tacque
ogni frase s'ammutolì
ogni sillaba non ebbe voce
persino il vento evitò di respirare

e venne il pensiero
principe
ed inizio
d'arcobaleni
compiuti ed appagati
dal sogno della ragione

e quel giorno
il possedere
coincise
con l'essere posseduto
il verso si ribellò
persino al poeta
suo inventore
l'archibugio
simise di ruttare
ribelle al grilletto
ed il grilletto
mandò al diavolo
la mano
che lo muoveva
cosi
la lancetta
dei secondi
e quella dei minuti
presero strade diverse
da quella dell'ora
ed il calendario
divenne impotente
nel segnare i giorni

quel giorno
era un giorno come tanti
e come tanti morì
risorse

era il giorno
semplicemente il giorno.




L'elefante sul mondo.
Assecondare pesi gravanti 
destini irridenti 
note sparse 
gigantesco 
pesante 
domina 
l'elefante 
sul restante 
mondo infante 
ma quanto mai peserà l'elefante? 
Ed il mondo, 
quanto mai sarà gravoso e pesante? 
E chi reggerà il mondo 
così gravoso e pesante? 
Quale creatura angelica o demoniaca? 
Quale essere degli inferi o dell'Eden? 
Quale gigante o ciclope? 



Risaie di paradossi.
Risaie di paradossi 
Ululati notturni 
Di perdoni violati 
Nel nulla cercati 
in semicerchi lunari 
come verbi arabi 
Indecifrabili 
S'affievolisce 
Il lume 
Su grondaie 
Secche 
di lanterne marine. 


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Data di pubblicazione 29/1/2001
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