Guido Reni
(1575-1642)

Note biografiche

1575, 4 Novembre. Guido Reni nasce a Bologna, in via San Felice, da una famiglia di buona condizione sociale: il padre.
Daniele, era musicista alle dipendenze della Signoria cittadina. Nonostante la precisa conferma documentaria circa iI luogo di nascita, perdura ancor oggi una tradizione che risale alla fine del Settecento, secondo la quale l'artista sarebbe nato a Cadenzano, un paesino dell'Appennino emiliano.
1584-93. Secondo il Malvasia.in questo periodo il giovanissimo Guido, abbandonato lo studio della musica cui il padre l'aveva avviato, entra nella bottega del pittore fiammingo Denis Calvaert, da molto tempo attivo con successo a Bologna,e vi rimane circa nove anni.
1595-98. Verso i vent'anni di età avviene, secondo i biografi, la crisi che lo spinge a staccarsi dal Calvaert e ad aderire all'Accademia del Naturale (la futura Accademia degli Incamminali), che i Carracci avevano aperto nel 1563, evidentemente attratto dalle "novità manieristiche dei Carracci, che vanno rivestendo le forme dei grandi cinquecentisti e dell'antico di nuovi panni più naturali e commossi". In questo periodo si collocano le prime esperienze pittoriche su esemplari di Annibale Carracci e di Raffaello.vince il concorso, cui partecipa anche Ludovico Carracci, per la decorazione da dipingere sulla facciata del Palazzo del Reggimento, in onore del papa Clemente Vili.
1600, 27 Ottobre. Da un documento il pittore risulta ancora a Bologna.È però possibile che egli abbia compiuto un primo, breve
viaggio a Roma durante l'anno santo, "per l'istessa cagione di vedere l'opera di Annibale, di Raffaello e li marmi antichi".
1601, 11 Ottobre. È pagato di persona a Roma per il Martirio di santa Cecilia.
1603. Il 18 gennaio si svolgono a Bologna i solenni funerali di Agostino Carracci, II Reni, probabilmente presente, forni, assieme a Francesco Brizio, i disegni da cui furono poi tratte le incisioni a memoria dell'apparato decorativo.
1604. Da un atto notarile si desume la presenza del Reni a Bologna il 3 gennaio; II 18 febbraio, di nuovo a Roma, firma un documento come rettore dell'Accademia di San Luca; nell'estate esegue a Bologna il dipinto nel chiostro di San Michele in Bosco per il quale sono documentali vari pagamenti. Nell'ottobre dello stesso anno si reca a Loreto, per trattative circa la decorazione
del Tesoro nella Santa Casa, poi eseguita dal Pomarancio.
1605-1609. Da Roma spedisce a Bologna la Carità che gli era stata commessa tre anni prima da Angelo Michele Risi.
In questo periodo si afferma a Roma come artista di primo pilano: il pontefice Paolo V gli affida la decorazione di due sale in Vaticano e il cardinale Borghese gli commissiona gli affreschi in San Gregorlo al Celio.
Risulta un primo acconto, di cento scudi, relativo al dipinti nella cappella di Paolo V nel palazzo di Monte Cavallo (oggi Quirinale).
1610. In gennaio è costretto, per gli eccessivi impegni, a rinunciare all'esecuzione di un dipinto già iniziato per i Domenicani di Bologna, cui restituisce la caparra. Nello stesso anno porta a termine con grande successo la decorazione della Cappella di Paolo V a Monte Cavallo, con la collaborazione di aiuti.
Secondo documenti di recente ritrovamento, il 25 settembre riceve un primo acconto, di cento scudi, per i dipinti da eseguire nella cappella del papa in Santa Maria Maggiore ; pure in questo caso i pagamenti avvennero regolarmente, con la sola interruzione dal novembre 1610, il marzo 1611.
1610-11. Tra la fine del 1610 e l'inizio del 1611, pare in seguito a screzi sorti con l'amministratore del papa tra la fine dei lavori a Monte Cavallo e l'inizio di quelli in Santa Maria Maggiore, come accennano le fonti, torna improvvisamente a Bologna lasciando incompiuta la decorazione della cappella paolina nella chiesa romana. Nella città natale esegue in questo periodo alcuni importanti dipinti, tra i quali la Strage degli innocenti e il Sansone .
1612. Richiamato dal papa, e cedendo alla mediazione del cardinale Facchinetti, torna a Roma, accolto con grandissimi onori. Qui la sua attività è ampiamente documentala dalle notizie degli storiografi e da vari pagamenti. Da un atto notarile pubblicato da F. Bologna  risulta che il 16 aprile l'artista era a Napoli, dove si rivolse a un procuratore per la vendita di una sua proprietà a Roma. Circa i motivi di questo viaggio, tuttora ignoti, il Bologna stesso prospetta con cautela un collegamento con gli apparati decorativi per i festeggiamenti, svoltisi appunto a Napoli nel 1612. in occasione delle alleanze matrimoniali tra le case reali di Francia e Spagna.
1613-15. Tra l'ottobre 1613 e il giugno 1615 è da porsi l'affresco nell'abside di San Domenico a Bologna, secondo la documentazione dei pagamenti pubblicata da padre V. Alce   (con alcune precisazioni rispetto a dati già noti). 
I lavori si svolsero in due tempi, con l'intervallo di un ulteriore soggiorno romano : nell'autunno 1613 il Reni eseguì circa un quarto dell'affresco, completandolo poi nella primavera 1615, in vista del capitolo generale dei Domenicani, indetto presso I' Arca del santo nell'agosto dello stesso anno.
1614. La presenza dell'artista a Roma risulta da una lettera che egli scrisse al cardinale Maffeo Barberini, legato a Bologna (nella quale accennava al suo futuro ritorno nella città emiliana); inoltre, dal primo acconto relativo alla Pietà dei mendicanti, inviatogli il 2 aprile a Roma, e da una lettera che il conte Barbazzi inviò da Bologna al duca di Mantova. di cui era fiduciario, il 3 dicembre, affermando che il Reni sì trovava da alcuni mesi a Roma. Può darsi che in questo periodo, ancora una volta, gli spostamenti tra le due città siano stati più di uno: si sa infatti che il maestro era a Bologna il 1' novembre, il definitivo ritorno nella città natale, descritto dal Malvasia come una decisione improvvisa, a seguilo di rinnovati screzi con l'amministratore papale, doveva in realtà essere maturato da qualche tempo, sia in vista dei numerosi impegni bolognesi, sia "per ragioni morali e interne al processo del fare artistico del Reni".
1616, 3 NOVEMBRE. Viene collocata in Santa Maria di Bologna la Pietà dei Mendicanti, alla quale l'artista aveva probabilmente lavorato anche durante I'anno precedente.
1617. Il 20 giugno è chiamato, tramite il legato di Bologna, cardinale Capponi, a eseguire decorazioni a Mantova per Ferdinando Gonzaga. ma rifiuta per paura delle "infermità mortali" causategli dalla pittura a fresco; al suo posto manda, secondo il Malvasia, gli allievi Gessi e Sementi. Nello stesso anno invia al duca di Mantova la prima delle quattro tele con le Fatiche di Ercole.
1619. Hanno inizio le trattative per la decorazione della cappella del Tesoro di San Gennaro a Napoli.
1619-21. Varie lettere del Barbazzi al Gonzaga, dal 9 gennaio 1619 al 22 aprile 1621. documentano l'esecuzione della serie di
Ercole; in esse è fatto inoltre riferimento ad altri due dipinti con Venere e le Grazie e il Giudizio di Paride, di cui manca ogni altra notizia.
1620. Il 23 agosto il Reni scrive una lettera a certo Cosimo Mongoli impegnandosi a finire la decorazione della cappella del Sacramento nel duomo di Ravenna, commessagli dal cardinale Pietro Aldobrandini; l'opera fu comunque in gran parte eseguita da allievi, su cartoni dei maestro. Sono inoltre documentati in quest'anno pagamenti relativi al Salvatore, per la chiesa di San Salvatore a Bologna, la cui stesura spetta al Gessi, anche In questo caso su disegno dei Reni.
1621. L' 8 gennaio riceve un dono per l'avvenuto compimento della tavola di San Salvatore .
1622. Una lettera scritta dal Reni a padre Gabrielli di Fano il 23 marzo contiene chiari riferimenti all'Annunciazione e alla Consegna delle chiavi, entrambe eseguite per la chiesa delia Valle in Fano a distanza di pochi anni. Da un documento del 21 aprile di Gualandi, risulta la commissione relativa al Trionfo di Giobbe per l'Arte della seta di Bologna; la pala non verrà eseguita che nel 1636. Tra il 28 aprile e il 17 maggio il maestro è a Napoli, avendo accettato di compiere gli affreschi nel Tesoro di San Gennaro  e tre pale d'altare. Sorgono però difficoltà economiche con i committenti che la mediazione dell'arcivescovo di Napoli, cardinale Carata, non riesce ad appianare. All'improvviso il Reni se ne va a Roma; restano a Napoli i suoi allievi Gessi e Sementi. Su tale repentina partenza i biografi hanno imbastito una storia di oscure, delittuose trame da parte dei pittori locali: si veda, per una ricostruzione documentaria dell'episodio napoletano. P, Bellucci. Un'altra leggenda a lungo ripetuta dai biografi, quella della presunta passione per il gioco, che avrebbe portato il Reni alla rovina, trova l'unico concreto riferimento nell'accenno, contenuto in una lettera del Barbazzi al duca di Mantova (20 agosto), allo stato di "estremo bisogno" del pittore, 'essendo egli, come S.A, sa, larghissimo dissipatore".
1625. Firma e data il Ritratto del cardinale Roberto Ubaldini . 
Da una lettera scritta il 23 agosto risulta che sta lavorando alla pala della Trinità per la chiesa dei Pellegrini a Roma.
1627. In una lettera inviata il 21 gennaio al duca di Mantova, Rinaldo Ariosti ricorda una Madonna che adora il Bambino dormiente del Reni. Nello slesso anno parte ancora una volta per Roma, avendo accettato l'incarico conferitogli dal cardinale Barberini per l'esecuzione di affreschi con storie di Attila in San Pietro; ma, benché (come lo stesso Reni precisa in una lettera del 19 agosto ai bolognese Antonio Fibbia) egli avesse posto come condizione che nessuno salisse sui ponteggi durante i lavori "sia chi voglia, ne anco i cadinali", qualche contrarietà dovette sorgere ugualmente, provocando ancora una volta la sua partenza. Secondo il Malvasia, l'esito negativo dell'impresa romana fu dovuto, oltre che all'ostilità dei cardinali di San Pietro, alla gelosìa del Gessi, già suo allievo, anch'egli a Roma. La citata lettera del 19 agosto contiene inoltre accenni al!' Annunciazione oggi al Louvre ("una tavola che faccio per Francia") e al ratto di Elena ("un quadro per l'ambasciatore di Spagna"). che gli era stato commesso. 
1631. Alla line della tremenda peste scoppiata a Bologna l'anno prima, il Senato cittadino gli commette il Palione del Voto come ringraziamento alla Vergine.
1632. Restaura il dipinto nel chiostro di San Michele in Bosco a Bologna. Nello stesso anno va probabilmente ancora a Roma, a quanto risulla da un passo di una lettera scritta nel 1639 a Ferrante Trotto.
1634. 10 LUGLIO. In una lettera al capitano F. Incontri di Volterra è fatto cenno a una Maddalena penitente, da lui disegnata ed eseguita sotto la sua guida da un Camillo Incontri, suo allievo; il dipinto è oggi nel duomo di Volterra. 
1636. 17 MAGGIO. Il Trionfo di Giobbe è posto sull'altare dell'Arte della seta nella chiesa dei Mendicanti a Bologna.
1639. 11 LUGLIO. Scrive da Bologna una lettera a Ferrante Trotto, rifiutandosi di finire una resurrezione rimasta incompiuta alla morte del pittore Carlo Bononi, egli si dichiara infatti assolutamente contrario a manomettere II lavoro dì un artista, anche per abbellirlo, e accenna, per quanto riguarda se stesso, a uno stato di depressione: "... comincio a non piacere più nemmeno a me stesso ...; non credo di passare quest'anno".
1640. Il 4 gennaio il marchese Cospi di Bologna invia la Cleopatra al principe Carlo Leopoldo di Toscana. Il 3 marzo riceve una gentiIissima lettera di ringraziamento dal re di Polonia, cui aveva inviato un "Ratto d'Europa", tramite il segretario Puccinelli. 
Esce nello stesso anno il panegirico di G. Grimaldi per il Bacco e Arianna, oggi perduto, che il Malvasia menzionava come "ultima delle opere sue più grandi e cospicue".
1642. Nell'aprile avviene la consegna alla Confraternita di Santa Maria degli Angeli di Spilamberto (Modena), della pala con l'Assunta, che era stata commessa al Reni circa undici anni prima. Il 6 agosto a Bologna, nel pieno caldo dell'estate, come ricorda il Malvasia, è colto da febbri che, trascurate, lo portano alla morte avvenuta il 18 agosto. Dopo essere esposto al popolo in vesti di cappuccino, viene sepolto nella tomba della famiglia Guidolti, nella chiesa di San Domenico.

Alcune Opere dell'artista


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La strage degli innocenti
Bologna, Pinacoteca Nazionale
(cm 268 x 170)
Tra le opere più note e celebrate del maestro, a partire dal Marino (1620) che ne tesse le lodi in versi, sino al Burckhardt (1855) ed alla critica moderna. Malvasia e Bellori ne precisano l'esecuzione a Bologna, dopo il soggiorno romano. Gli studiosi rilevano l'unità compositiva dell'opera, impostata secondo "uno studiosissimo contrappunto dei movimenti e degli intensi rapporti del colore che governa l'azione" [Catalogo della mostra, 1954]. Un disegno preparatorio per la donna in ginocchio a destra si trova agli Uffizi di Firenze, mentre uno studio relativo alle figure dei bambini morti, di proprietà di una collezione privata fiorentina, fu esposto nel 1930 a Firenze alla Mostra della pittura italiana del Seicento e Settecento.
 La carità 
 (cm. 137 x 106), New York
Collezione Wrightsman
La versione, di cui autografia e validità artistica sono confermate dallo Gnudi, è nota anche attraverso una copia in collezione privata a Milano; quest'ultima che non sembra riferibile direttamente al maestro fu pubblicata come Reni dal Riccoboni.
La datazione dell'autografo di New York è da porsi attorno al 1630.
Ercole e Deianira
Parigi, Museo del Louvre
(cm. 259 x 193)
Sul fondo, a destra, si ravvisa la figura di Ercole che insegue il centauro .
La tela è stata definita una "variante impetuosa della serena, apollinea armonia dell' "Atalanta e Ippomene" cui è accomunata dalla stessa "ricerca della bellezza antica, in un accordo nuovo tra arte e natura".
San Michele Arcangelo
Roma, chiesa dei Cappuccini
(cm. 293 x 202)
Dipinto su seta, commesso al Reni dal cardinale Sant'Onofrio, fratello de Urbano VIII [Malvasia], fu eseguito prima del 1636, anno in cui ne fu tratta una incisione.É citato e celebrato dall'intera storiografia artistica del Settecento come simbolo della belloriana teoria del Bello Ideale. Lo stesso Reni, del resto, così si riferiva al dipinto in un brano famoso di una lettera al maestro di casa del papa :"Vorrei aver avuto pennello angelico, o forme di Paradiso per formare l'Arcangelo, o vederlo in Cielo; ma io non ho potuto salir tant'alto, ed invano l'ho cercato in terra. Sicchè ho riguardato in quella formache nell'idea mi sono stabilita.
L'evangelista Matteo e l'Angelo
Roma Pinacoteca Vaticana
(cm. 86 x 68)
Annoverato tra gli studiosi fra i più' validi lavori della maturità.
Il Reni rappresentò spesso Evangelisti e Apostoli, ma delle serie che sicuramente vi furono, a detta delle fonti, è attualmente possibile ricostruirne solo una, dedicata agli Evangelisti. Tale serie, cui appartiene questa tela, risulta documentata dall'esistenza di repliche e copie in cui il San Matteo Vaticano appare assieme ad altre tele con Evangelisti.
Adorazione dei pastori
Napoli, Certosa di San Martino
(cm . 485 x 330 )
 Il Malvasia cita due versioni di una stessa composizione, con lievi varianti, eseguite dal Reni negli ultimi anni di attività.
Questa tela la cui pulitura eseguita qualche anno addietro ha confermato la piena autografia del dipinto, viene considerato dal Cavalli come come esempio tipico dello stile ultimo del Reni, "un processo che ricorda dall' esterno quello di Tiziano vecchio".

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